Roma senza Dybala e con uno stanco Lukaku
Logico. Da che calcio è calcio, non esiste squadra in grado di fare a meno di calciatori che prendano il pallone e sappiano portarlo oltre il confine, di dribbling o di lancio, di passaggio o di forza. Senza Dybala, e prescindendo da uno stanco Lukaku che riesce di quando in quando ad assorbire il gioco, tenere occupati i difensori e distribuire ordini eseguibili, resta troppo poco. In mezzo all’equilibrio e alla vivacità della Lazio, affilata dalla parte di Zaccagni e vorticosa nella zona di Guendouzi, non è stato divertente lo spettacolo di passaggi a cinque metri sbilenchi, allunghi buttati nella nebbia, tentativi di saltare l’uomo regolarmente abortiti. Questi ultimi pochi, per fortuna: nell’esercizio più naturale e basico del calcio i romanisti neppure si cimentano più. Sanno che è inutile. Allora c’è poco da meravigliarsi. Da anni la Roma soffre di cronica carenza di qualità, assemblata com’è con brave persone che prese una per una probabilmente darebbero caratteristiche e sostanza a un complesso già di per sé solido, ma messe insieme forniscono il quadro di una coperta corta e rappezzata. I rinforzi ingaggiati via via per cambiare la situazione, cominciando da Dybala, purtroppo sono superbonus che vanno e vengono: c’è sempre il pericolo che vengano cancellati al momento sbagliato. Sintetizziamo: se s’inseguono livelli alti, è una squadra da rifondare. Buona fortuna a Mourinho, che comunque vada deve tentare di rimettere in piedi questo castello di carte esposto a tutti i venti.