Torino, il Buongiorno si vede da un rifiuto

Il sorprendente no all’Atalanta del giovane capitano granata è uno splendido segnale
Torino, il Buongiorno si vede da un rifiuto© LAPRESSE
Cristiano Gatti
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Ferma le rotative, c’è la notizia sconvolgente, è l’uomo che morde il cane, è il mondo che improvvisamente gira alla rovescia, almeno per un minuto, almeno per una volta. Nell’estate più palancaia e più mercenaria della storia, l’estate delle carovane di nomadi incolonnate verso la mecca del pallone, sorry, refuso, la zecca del pallone, nel pieno di questa nuova tendenza che vuole giocatori e allenatori cantare inni arabi portando la mano al petto, area portafoglio, in questa estate qui abbiamo la pecora nera e la mosca bianca capace di dire no. Non è un Ronaldo o un Mancini, è solo un Buongiorno, centrale del Torino. Corteggiamento spietato dell’Atalanta, contratto pluriennale, ingaggio pompato, tutto a posto fino ai dettagli. Ma proprio un pelo prima, come scappare dall’altare, il clamoroso dietro-front: non se ne fa più niente, Buongiorno resta al Torino. Buonanotte Atalanta. Naturalmente i social vanno subito in ebollizione e l’intero sistema del calciomercato sembra per qualche attimo hackerato: ma come, s’era appena detto che i giocatori-bandiera non esistono più, che ormai è solo professionismo spinto, business estremo, cinismo aziendale, è la modernità bellezza e non c’è niente da fare, ecco che salta su Buongiorno a riportare indietro la macchina della storia, lui nato e cresciuto col granata nell’anima, la famosa seconda pelle, il suo centro di gravità permanente, persino una laurea con tesi sul Torino, certo che sì, i giocatori-bandiera possono ancora esistere, dire no è possibile. Raccontano già i saputi che in realtà a fargli dire no sia stato il presidente Cairo, fiutata aria di rivolta popolare. Per inciso, Cairo è noto per andare più in panico davanti a 30 milioni evaporati che davanti a 30 milioni di tifosi in agitazione. Ma per quanto si possa cianciare, il no di Buongiorno resta il no di Buongiorno. Lo storico rifiuto alla Celestino V ripesca dal fondo del barile il famoso spirito Toro della romantica Superga, eppure c’è anche chi rileva come comunque sia un no all’Atalanta: prova tu, Buongiorno, a rifiutare i bauli di petrodollari di uno sceicco arabo, quando decide che il tuo posto nel mondo sia al centro della difesa di un suo club. E può essere, diamola per buona: dire no all’Atalanta non è un’impresa epica. Ma rimane un no. Cioè il monosillabo che davanti all’orgia dei dollaroni sembrava sbianchettata dal lessico di questa estate cinepanettona. Sarà un no minuscolo, un no mignon, ma resta un no a tutti gli effetti. Un esile segno che oltre ai contratti d’oro sopravvive una seconda opzione. Per esempio un legame, una passione, un sentimento. È vero che ormai per usare queste espressioni servono i sottotitoli, ma con il suo gesto Buongiorno li tiene in vita come un cocciuto accademico della Crusca. Sperare che poi faccia tendenza mi sembra onestamente un po’ tanto. Lo dico con malinconia, ma Buongiorno ha qualcosa a che fare con le eccezioni che confermano la regola. Una detestabile regola.


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