Monza in Serie A, riecco Silvio Berlusconi

L’uomo che ha cambiato (con i soldi e le idee) il calcio si diverte ancora e ritrova il massimo campionato cinque anni dopo la cessione del Milan
Monza in Serie A, riecco Silvio Berlusconi© ANSA
Marco Evangelisti
6 min

L’uomo che cambiò il calcio, in molti modi qualcuno luminoso e qualcun altro distopico, è riuscito a cambiare anche la storia del Monza, lo spirito coriaceo della seconda divisione, il destino dei sogni proibiti e in qualche misura sé stesso. Silvio Berlusconi di nuovo in Serie A, un pozzo di adrenalina a cui aveva rinunciato nel 2017 sotto la pressione del tempo implacabile, della famiglia spazientita, dell’avanzata di draghi e tigri da Oriente. Il Monza, preso l’anno successivo alla consegna del suo primo grande affetto sportivo a un produttore cinese di fosforo poi velocemente scomparso dal palcoscenico, è stato la sigaretta elettronica del fumatore avido, la birra senz’alcool dell’ex bevitore. Un palliativo. Ma Berlusconi ha ancora immaginazione, mezzi da spendere e amici in pasta come Adriano Galliani. Si è appassionato, ha replicato in miniatura (ma neppure tanto: 70 milioni di spese varie in quattro anni valgono, fatte le proporzioni, gli 800 dei trentuno anni di Milan) il suo modello vincente, versa denaro e da qualche parte ne verrà fuori qualcosa. Ecco qui: dopo una serata vissuta in tribuna a occhi sbarrati, è venuta fuori la Serie A. C’è gente che nasce con la camicia, con il fiuto o con entrambi. 

Berlusconi e il Monza in Serie A

Premessi tutto il dispiacere e tutta la comprensione per il Pisa superato all’ultimo balzo, ritrovare Berlusconi in quel campo dei miracoli che è la Serie A significa qualcosa. Ovviamente per il Milan, pimo a congratularsi con il Monza via social. Poi per i vecchi frequentatori abituali, per le nuove generazioni di appassionati non del tutto distratti da altri divertimenti e da altre storie. Compagnia eterogenea di tifosi che hanno visto il passato e di altri a cui è stato raccontato. Quel gruppo che la sera dello scudetto milanista - l’ultimo, estraneo all’epopea berlusconiana - si è raccolto alla vetrina del ristorante dove Silvio cenava per cantargli la classica serenata “C’è solo un presidente”. Perché quasi ce n’è stato davvero uno solo, da quando tutto cominciò nel 1986 a quando molto finì, cinque anni orsono. Tanto da permettere a Berlusconi di descriversi, in uno dei suoi diversi addii autografi che poi si rivelano sempre momentanei, nel calcio come in politica e nell’imprenditoria, il presidente più vincente del mondo. Per i 29 trofei che quasi è noioso elencare, ma bisogna: 8 scudetti, 7 Supercoppe italiane (l’ultima nel 2016, sulla Juventus a Doha nel nome del mercato liberissimo e dell’espansione a prescindere), 1 Coppa Italia e poi via con i successi internazionali, 5 tra Coppe dei Campioni e Champions League, 5 Supercoppe europee, 2 Coppe Intercontinentali e 1 Mondiale per club, perdonate la pedante distinzione tra due manifestazioni fondamentalmente analoghe.  

Berlusconi e le vittorie con il Milan

Risultati conditi da tutte le leggende in cui precipitano vicende simili quando le lasci decantare. Berlusconi che prima della vittoria per 4-0 sullo Steaua Bucarest va a pregare nella cappella del Camp Nou a Barcellona, la trova vuota e va a dire a Sacchi che secondo lui lì sono tutti comunisti. Berlusconi che all’inizio ha una smania di cacciare proprio Sacchi a pedate e non lo fa, intuendo che il domani del gioco sta lì. Berlusconi che manda comunicazioni ufficiali ai suoi allenatori spiegando che per politica aziendale il Milan deve sempre schierare due punte. Berlusconi che impone disegno dei vestiti e tagli di capelli ai suoi giocatori, ma mica a tutti. Se puoi permetterti di portarti a casa a ripetizione Ancelotti e Gullit, Van Basten e Weah, Shevchenko, Ronaldo il Fenomeno e Ronaldinho eccetera eccetera, hai anche l’equilibrio di capire che cosa pretendere e che cosa no, come il Re dell’Universo nel Piccolo Principe

Berlusconi si riprende la A

Lui ce l’ha, pure in questo lungo crepuscolo, e non a caso si è ripreso la Serie A con una squadra pressoché normale dopo averci provato lo scorso anno con una fomazione d’insostenibile pesantezza che cercava di tenere dentro Balotelli e Frattesi, Prince Boateng e Federico Ricci. Una squadra pressoché normale composta comunque con 14 acquisti. E anche se Berlusconi non è più quella forza innovatrice che ha insegnato al Real, al Barcellona, agli spreconi del Paris Saint-Germain e a tutta la nobiltà antica e appena pervenuta come si mescolano calcio, industria e marketing, sarà comunque divertente rivederlo in Serie A. Con il suo sarcasmo ammiccante, con la sua golosità per i piaceri della vita. Con l’inquietudine che trasmetterà a chi pensava di essersi liberato di lui e se lo ritrova di colpo al posto accanto, tuttora ricco e sogghignante. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA