Pepito Rossi, il gol più bello del mondo

Pepito Rossi, il gol più bello del mondo© LaPresse
Ivan Zazzaroni
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Proprio nelle ore della chiusura delle Olimpiadi grigio Cina, lo slalom più emozionante - speciale e al tempo stesso gigante -, quello di Giuseppe Rossi a Vicenza: uno, due, tre paletti mobili superati nella frazione di un sogno e il portiere anticipato con un tocco di esterno sinistro in caduta.
Pepito, ma non era finito? Pepito è stato raccontato decine di volte: le sue prodezze e gli infortuni, i dolori e i tormenti, le battaglie per ricominciare e l’impressione che potesse continuamente precipitare come un aquilone. Le resurrezioni, le sue tante vite.
Una quindicina di anni fa andai a Vila-real per intervistarlo per GQ: era l’uomo del momento. Trascorsi un intero pomeriggio con lui, mi raccontò della famiglia che aveva deciso di dividersi per permettergli di inseguire il personal dream: la madre e la sorella a casa nel New Jersey, il padre con lui a Manchester. Sempre insieme Giuseppe e papà.
Pepito ha i colori del talento e il peso della sofferenza. Pepito e lo United, Pepito e il Newcastle, Pepito braccio armato del Parma di Ranieri, 9 gol in 19 partite. Pepito e il Villarreal, appunto, e la Fiorentina, la maglia azzurra, il Levante, il Celta, il Genoa, il Real Salt Lake. A sorpresa la Spal. Tra un trasferimento e l’altro, infortuni sempre gravissimi, interventi chirurgici, lacrime, nuove speranze.
Se non l’avete ancora visto, cercate in rete il gol di Vicenza: c’è tanta forza dentro quello slalom, e vita e il calcio che ha continuato a essere calcio anche in assenza di Pepito Rossi, ma soprattutto Pepito Rossi che non conosce la resa. C’è il senso del risarcimento. Parziale, soltanto parziale.

Tutta colpa di Tranquillo

Perché il nostro basket non ha il successo e il seguito che merita? Me lo domando spesso, con più frequenza da quando la crisi creativa è stata superata e sono rientrati in Italia due coach di valore mondiale quali Ettore Messina e Sergio Scariolo. Posso dire di aver visto nascere entrambi in una Bologna che a un certo punto, fine anni Settanta, presentò addirittura tre squadre in A1 - Virtus, Fortitudo e Gira -; tre per un solo Palazzetto dello Sport, la casa di piazza Azzarita.
Ho un rapporto che definirei ancestrale con la pallacanestro, pur non essendo un tecnico, né un fanatico, i miei amici non si perdono una partita della Virtus da almeno 40 anni. Porelli, Asa Nikolic, McMillen, “Kociss” Fultz, Dan Peterson, “Barabba” e Marquinho, Peppino Cellini e Lucio Dalla i campioni che ho più amato.
Ieri ho seguito le due semifinali dell’F8 di coppa Italia, lo spettacolo è stato di alto livello. Eppure… Vorrei poter dire che, al di là del cambiamento dei gusti dei giovani, il primo nemico della serie A1 è Flavio Tranquillo, sono le sue impareggiabili telecronache e gli approfondimenti che Sky riserva all’Nba: è il palato educato a caviale che deprime irrimediabilmente quello dei potenziali consumatori di uova di lompo.
Oggi è in programma la finale di coppa Italia, diretta Raisport e Eurosport 2: so per chi tifare. Per una squadra e lo sport.


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