Hamilton, i problemi via radio con Adami
Lo dicono i collegamenti via radio tra Lewis e il suo ingegnere di macchina, Riccardo Adami, persona deliziosa prima che raffinato ingegnere. Ebbene: tra i due permane un dannoso lost-in-translation. Se in Giappone il pilota s’era rivolto al tecnico in un modo sgarbato, in Bahrain si è registrato un senso di sperdimento in alcuni messaggi.
Adami a Hamilton: «Modalità FW please».
Hamilton ad Adami: «Cos’è la modalità FW? Ahahah».
Adami ad Hamilton: «Per aiutarci sotto safety car...».
E già al sabato per ottimizzare il giro secco.
Pilota a muretto: «Dove perdo quel tempo?»
Muretto a pilota: «Principalmente nel picco di frenata ovunque, di più alle curve 4, 11, 14. Due decimi ogni curva. Non forzare gli ingressi. Charles frena dieci metri prima».
Pilota a muretto: «Stai parlando di dieci metri ovunque?»
Muretto a pilota: «Sì, 4 e 11 nello specifico, dove devi concentrarti di più».
Troppe parole per parlare di intesa raggiunta. E poi «devi concentrarti di più» ce lo si potrebbe aspettare da “Bono” Bonnington (con cui Lewis alla Mercedes comunicava per monosillabi) nei confronti di Antonelli; un invito così a un pluri-campione è singolare. In aggiunta a tutto questo: Hamilton di Maranello sa ancora poco o nulla, mentre Leclerc conosce la posizione degli oggetti nei cassetti.
Hamilton, la cultura
Non è una questione di essere bollito, né demotivato. Troppo semplice. Bisogna grattare sotto la crosta per comprendere come l’ingresso in un team latino non costituisca un passaggio scontato, se si è vissuta un’intera carriera nelle realtà anglosassoni (Mercedes e prim’ancora McLaren). I sistemi di lavoro sono molto differenti tra loro. L’assenza di una macchina vincente e stabile non aiuta. E ci viene anche riferito che il passaggio dal simulatore di Brackley a quello di Maranello sia stato choccante per Hamilton, ancora alla ricerca di un ubi consistam. Per caso Lewis non è a suo agio con quel prezioso sistema in funzione da poco tempo?
Hamilton si scusa: "Sono troppo lento"
Lui aspetta dalla Ferrari una macchina vincente e la Ferrari aspetta lui, considerato che per un anno Fred Vasseur ha magnificato la prospettiva di una nuova ispirazione in arrivo, una visione del lavoro che avrebbe arricchito la Scuderia. Nulla di tutto questo è ancora successo e siamo alle scuse. Sabato Lewis dopo il nono tempo in qualifica: «Semplicemente ero troppo lento, non sto facendo il lavoro. Mi dispiace per tutto il team in fabbrica e per i tifosi, chiedo scusa». Domenica le giustificazioni: «Non mi aspettavo che l’adattamento fosse così complicato, e comunque ho dimostrato di voler reagire».
Vasseur lo difende a spada tratta, e ci mancherebbe: lo ha portato lui. Ma tocca amaramente constatare come Hamilton non si aspettasse questa Ferrari, né la Ferrari si aspettasse questo Hamilton. Perdonate la ripetizione del verbo aspettare, un muscolo allenato nei tifosi della Rossa.