Jannik Sinner è sempre più vicino al rientro in campo, con la squalifica per il caso doping che terminerà il prossimo 4 maggio. E mentre i tifosi aspettano di rivedere il numero uno al mondo, ci sono ancora molti dubbi e incertezze sulla squalifica che gli è stata inflitta. A parlarne è stata Federica Pellegrini, ex campionessa di nuoto e oggi membro del Comitato olimpico internazionale, in un'intervista a Repubblica.
Pellegrini sul caso Sinner: "Trattato diversamente dagli altri"
"Jannik è molto amato e dunque viene difeso sotto ogni aspetto, a prescindere, e questo lo trovo giusto. Ma credo che la sua vicenda sia stata trattata diversamente dal 99% dei casi - le parole della Pellegrini sul caso Sinner -. Non tutti sanno come funziona per un atleta soggetto a controlli antidoping a sorpresa e in competizione durante tutto l’anno. Bisognerebbe spiegare questa cosa per spiegare il caso Sinner. Gli atleti vivono con un pensiero costante, quello di dover fornire un’ora di slot di reperibilità ogni giorno della vita anche quando sono in vacanza per consentire all’antidoping di andarli a trovare dovunque siano. Io avevo una sveglia che suonava alle 10 di sera con scritto location form, per ricordarmi che dovevo aggiornare ogni volta l’indirizzo. Lo considero giusto altrimenti diventa sempre di più una lotta impari. Quanto alla responsabilità oggettiva rispetto al team, va detto che non è che se il mio fisioterapista si beve una birra e investe qualcuno è colpa mia, ma diventa una mia responsabilità se il fisio usa una crema su di me (nel caso specifico era stato un contatto, lo spray non era mai stato utilizzato su Sinner, ndr) e poi io risulto positivo. Vale per tutti, non è il caso Sinner a essere strano".
Pellegrini: "Sinner, la soluzione è arrivata solo dopo i ricorsi"
Federica Pellegrini conferma dunque i suoi dubbi su come è stato gestito il caso Sinner: "Perché deve essere diverso? È questa la mia domanda. E diverso è stato: la soluzione è arrivata solo dopo i ricorsi della Wada. Non dico che ci dovesse essere una sospensione. Ma di fatto è stato trattato come un caso diverso dal 99% degli altri atleti che hanno affrontato e pagato una negligenza per doping. C’è una casistica anche nel nuoto, dove per esempio alcuni hanno usato un inalatore diverso per l’asma e poi sono risultati positivi. Oppure a causa di creme comprate magari all’estero. Quando vai in farmacia a chiedere un farmaco specifico lo porti al medico della federazione che lo controlla, lo scheda e vede se ci sono principi attivi o contaminazioni: solo se è ok allora lo puoi utilizzare. Non è una vita semplice, ma credo sia l’unico modo per combattere il doping".