Dopo la Davis: l’anno che verrà

Leggi il commento sull'Italia dopo il trionfo contro l'Australia e sulla prossima stagione di tennis
Dopo la Davis: l’anno che verrà© Getty Images for ITF
Paolo de Laurentiis
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È finita in gloria, con la Davis tornata in Italia dopo 47 anni, il Paese con la racchetta in mano e i nostri eroi sulla bocca di tutti. Ma il pasticcio di comunicazione tra il Quirinale e la Federtennis, con l’incontro dal presidente Mattarella fissato il 21 dicembre e rinviato a data da destinarsi, offre l’occasione per dare un’occhiata a quello che potrà succedere nella prossima stagione, quando al già affollato calendario del tennis si aggiunge l’Olimpiade di Parigi. Al momento, gli azzurri non sono riusciti a trovare un giorno (uno di numero) per rispondere alla chiamata del Presidente, ma il tetris del 2024 è ancora più complesso. La routine dell’Atp prevede come sempre lo Slam australiano a gennaio, Roland Garros a fine maggio, Wimbledon a luglio (dal primo), Us Open a fine agosto (dal 26): quattro appuntamenti, con cambi di superficie da preparare e ponderare. La chiave di volta saranno proprio i Giochi, piazzati dal 27 luglio al 4 agosto sugli stessi campi del Roland Garros. Vuol dire terra battuta. Vuol dire che il vincitore di Wimbledon (la finale è in calendario il 14 luglio) avrà poco più di dieci giorni per riconvertire il suo tennis alla superficie più lenta. Chi invece dovesse uscire prima sarebbe paradossalmente avvantaggiato nella corsa a cinque cerchi. E ancora: fare strada all’Olimpiade significa giocare la finale il 4 agosto sulla terra di Parigi e avere meno di tre settimane per resettare e preparare gli Us Open che si giocano sulla superficie veloce.

Tennis, nel 2024 sarà ancora più dura

A settembre, poi, riparte l’avventura della Davis con l’Italia che difende il trofeo. Se già quest’anno fare tutto è stato impossibile, nel 2024 diventerà davvero un’impresa. Sarà normale, prepariamoci, che qualcuno dei nostri stecchi un grande evento o faccia scelte anche dolorose, come dolorosa è stata la rinuncia a incontrare Mattarella. Ma è lo sport di oggi, figlio del nostro tempo, dove c’è una proliferazione di tornei (o partite, gli altri sport non fanno eccezione) che costringe più o meno tutti gli atleti a diventare dei giramondo a caccia di vittorie, sempre a rincorrere una partita e trovare un buco sul calendario per allenarsi o riposare, dove il riposo a quei livelli conta quanto un allenamento. Non tenere conto di tutto questo vuol dire vivere nel passato, dove l’idea dello sport non era così globale e impegnativa. La stessa formula della Davis, così criticata, è figlia di questi cambiamenti. Le maratone di trent’anni fa, le stesse preparazioni all’evento con ritiri lunghissimi, oggi sono improponibili. All’interno di tutti questi impegni il campione deve scegliere, programmando con attenzione e stabilendo le priorità. Nessun atleta rinuncerebbe a niente, se lo fa è perché suo malgrado non può fare diversamente. Accettarlo senza urlare al tradimento sarebbe già un passo avanti.


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