Paltrinieri, intervista esclusiva: "La mia storia non è finita. Mi sento come Djokovic"

Il capitano azzurro debutta nella 5 km, è il suo ottavo campionato del mondo. Troppo forte il richiamo dell’acqua per fare il tifoso: nella sua testa c’è l’Olimpiade
Paolo de Laurentiis

Il viaggio di una vita: «Vero, questo di Doha è l’ottavo mondiale». Paltrinieri ricorda tutto, non rinnega niente, guarda avanti senza andare troppo lontano. Trent’anni il prossimo settembre, obiettivi ancora da raggiungere in un calendario così pazzo che nel giro di pochi mesi - da oggi ad agosto - regala la possibilità di mettere insieme la tripletta sognata da ogni atleta: oro olimpico, mondiale ed europeo. Successi che Greg ha già in bacheca, grazie a una carriera lunghissima e inimitabile. Era il 2011, 17 anni ancora da compiere, e il nostro chiudeva le batterie dei 1.500 al 19º posto con un anonimo 15’22. Sì, era solo l’inizio. Domani si riparte con la 5 chilometri, poi 800 e 1.500. 

Siamo ancora qui. 
«E mi piace ancora, non ho mai perso gli stimoli».

Neanche nell’affrontare un Mondiale a pochi mesi dai Giochi
«Ma no, vedo sempre un obiettivo diverso e situazioni nuove. Mi sento così anche adesso, per me è sempre la prima volta».

Cosa direbbe al Paltrinieri minorenne che sta per debuttare al Mondiale? 
«Di crederci sempre, non è mai tutto facile, anche se da fuori può sembrare così. Ci sono momenti in cui devi fare delle scelte, andare da una parte o dall’altra. Sono i punti chiave che ti fanno crescere e prendi la direzione giusta solo se resti fedele a te stesso. È quello che ho cercato di fare in tutti questi anni».

Visto che va di moda il tennis e fermo restando il tifo per Sinner (con video social prima della finale degli Australian Open)… 
«Penso a Djokovic, al modo in cui tiene il suo livello molto alto anche a 36 anni».

Ma arrivano i giovani. 
«Sempre di più, fino a qualche anno fa era diverso, con pochi atleti di altissimo livello. Oggi bisogna spingere sempre, altrimenti c’è il rischio di non entrare in finale».

A che punto siamo della storia? 
(Silenzio)… «La verità è che non lo so. Mi guardo indietro e sono orgoglioso di quello che c’è stato, penso di poter fare ancora altro perché ho voglia».


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Mai pensato di smettere? 
«No, ma ci sono stati momenti in cui ho sentito il bisogno di cambiare».

Rinunce? 
«Tante, credo sia normale. Ho perso la quotidianità con gli amici storici anche se continuo a sentirli. In certi momenti la differenza la fa l’appoggio della famiglia: ti fanno sentire nel giusto, ti aiutano nelle scelte».

Rifarebbe tutto? 
«Se ripartissi dall’inizio, sarei felice di trovarmi proprio dove sono adesso. Forse qualcosa cambierei ma solo perché in tanti anni mi sembra impossibile di aver azzeccato sempre qualsiasi scelta».

Il salto da Morini, l’allenatore dell’oro olimpico, ad Antonelli da fuori sembrava un azzardo. Invece sono arrivati altri successi. 
«Ma non ero sicuro che sarei riuscito a vincere ancora. Ho cercato solo una situazione che mi facesse stare bene, i risultati sono stati una conseguenza».

Ha fatto pace con l’oro di Rio? 
«Piano piano».

Ma sono passati otto anni… 
«Il fatto è che sembrava scontato. Lo sto rivalutando, soprattutto ho capito quanto ero forte mentalmente per le vittorie in serie che sono arrivate in quegli anni. Non che oggi non lo sia eh».

È stata la gara perfetta, un trionfo per distacco. 
«Ma no, per ogni gara anche vinta potrei trovare mille errori. A Rio, per esempio, sono partito troppo forte».

Ci sarà una gara più bella delle altre. 
«Sì, l’oro mondiale di Budapest, nel 2022, dalla corsia laterale. Era un momento difficile: l’800 era andato male, i giovani stavano premendo. Pure i bookmaker non mi consideravano. Aver vinto quel 1.500 (con il record europeo, ndr) è stato un segnale per me e per loro».

L’ultimo mondiale, l’estate scorsa a Fukuoka, non è finito in gloria: bene nelle acque libere, 8º negli 800 e niente 1.500. 
«Ma ora sto bene, ho risolto quei problemi fisici, ho ripreso qualche chilo. Devo stare attento al mio corpo, dosare gli sforzi per arrivare al massimo quando serve».

La salute conta. 
«Alla mia età ancora di più. Mentalmente stavo bene anche al Mondiale di Fukuoka, fisicamente no. In questi mesi ho gareggiato poco proprio per non esagerare: un bel 1.500 a novembre, un’uscita in acque libere in Portogallo nella 10 chilometri di Madeira. Ora stiamo scegliendo gli appuntamenti in funzione dei Giochi (dove Greg è già qualificato nei 1.500 e nella 10, ndr). Non ci sono altri obiettivi». 


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Con le acque libere nella Senna. 
«Un’incognita per tutti, il test che abbiamo fatto un paio di anni fa (vinto da Greg, ndr) era in un canale parallelo totalmente diverso dal fiume vero e proprio».

Le acque libere chiamano. 
«Con il circuito Dominate The Water stiamo cercando di unire competizioni e rispetto per il mare. La prossima stagione pensiamo di introdurre qualche novità».

Gli obiettivi di Parigi? 
«Dobbiamo ragionarci con Fabri (Antonelli, il suo allenatore, ndr). Le acque libere vengono dopo le gare in vasca. Razionalmente, l’800 può essere sacrificabile a favore di 1.500 e 10 chilometri ma si vedrà più avanti».

L’800 dell’impresa di Tokyo, l’argento olimpico subito dopo la mononucleosi? Quella forse è stata la gara perfetta… 
«Resta una delle mie migliori prestazioni, ma ho fatto qualche cazzata pure lì. Alla fine l’oro è sfuggito per un paio di decimi, qualcosa di diverso magari si poteva fare per vincere. Tra primo e secondo posto c’è una bella differenza».

Quindi qual è la strategia vincente? 
«Contare su se stessi, gli avversari cambiano e le insidie le eviti facendo la gara giusta. A quasi trent’anni io so di dover essere fisicamente a posto per tutto l’anno, non avere problemi di salute. A quel punto, in gara qualcosa di buono viene fuori». 

Siamo arrivati alla fine e neanche una domanda su Rossella. 
«Un record, in genere si parte da lì. Stiamo bene, viviamo insieme (in affitto a Roma, zona Eur, ndr) almeno in teoria perché siamo sempre in giro. Anche lei, come me, ha l’Olimpiade come obiettivo». 


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Il viaggio di una vita: «Vero, questo di Doha è l’ottavo mondiale». Paltrinieri ricorda tutto, non rinnega niente, guarda avanti senza andare troppo lontano. Trent’anni il prossimo settembre, obiettivi ancora da raggiungere in un calendario così pazzo che nel giro di pochi mesi - da oggi ad agosto - regala la possibilità di mettere insieme la tripletta sognata da ogni atleta: oro olimpico, mondiale ed europeo. Successi che Greg ha già in bacheca, grazie a una carriera lunghissima e inimitabile. Era il 2011, 17 anni ancora da compiere, e il nostro chiudeva le batterie dei 1.500 al 19º posto con un anonimo 15’22. Sì, era solo l’inizio. Domani si riparte con la 5 chilometri, poi 800 e 1.500. 

Siamo ancora qui. 
«E mi piace ancora, non ho mai perso gli stimoli».

Neanche nell’affrontare un Mondiale a pochi mesi dai Giochi
«Ma no, vedo sempre un obiettivo diverso e situazioni nuove. Mi sento così anche adesso, per me è sempre la prima volta».

Cosa direbbe al Paltrinieri minorenne che sta per debuttare al Mondiale? 
«Di crederci sempre, non è mai tutto facile, anche se da fuori può sembrare così. Ci sono momenti in cui devi fare delle scelte, andare da una parte o dall’altra. Sono i punti chiave che ti fanno crescere e prendi la direzione giusta solo se resti fedele a te stesso. È quello che ho cercato di fare in tutti questi anni».

Visto che va di moda il tennis e fermo restando il tifo per Sinner (con video social prima della finale degli Australian Open)… 
«Penso a Djokovic, al modo in cui tiene il suo livello molto alto anche a 36 anni».

Ma arrivano i giovani. 
«Sempre di più, fino a qualche anno fa era diverso, con pochi atleti di altissimo livello. Oggi bisogna spingere sempre, altrimenti c’è il rischio di non entrare in finale».

A che punto siamo della storia? 
(Silenzio)… «La verità è che non lo so. Mi guardo indietro e sono orgoglioso di quello che c’è stato, penso di poter fare ancora altro perché ho voglia».


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