Boniek esclusivo: "Vlahovic? La squadra non si compra, si costruisce"

Il mercato di gennaio, lo scatto della Juve e il sistema Italia visti con gli occhi di chi ci conosce anche troppo bene
Boniek esclusivo: "Vlahovic? La squadra non si compra, si costruisce"© EPA
Ivan Zazzaroni
4 min

Sabato sera. «Chiamami prima delle tre, domani c’è il Prix d’Amérique e non me lo perdo. Dopo quell’ora non ci sono per nessuno». 
 
(Le due del pomeriggio di domenica). Visto che me ne hai parlato, per curiosità su chi punti? 
«Su Davidson du Pont». 
 
Mi devo fidare? Non ho mai giocato ai cavalli. 
«Vince, vince». Passo la dritta alla redazione. Ragazzi (...), me l’ha suggerito Zibi, uno che ne sa a pacchi. Convinco senza troppa fatica tre colleghi, Alberto, Giuliano e Francesco. Trenta euro a testa, giusto per ridere insieme.
Alle 16 e 20 ci ritroviamo davanti a un’unica tv, su Rai sport, per seguire la telecronaca di Claudio Icardi con lo spirito di chi assiste alla finale del Mondiale. Siamo nelle mani del bello di notte e dentro una parentesi domenicale molto più appassionante dell’ultimo Milan-Juve. 
La faccio breve: vince di corto muso, tra urla belluine, proprio il nostro Davidson du Pont e Boniek entra di diritto nell’olimpo del Corriere dello Sport-Stadio alla voce benefattori occasionali. 
Un passo indietro. «Dimmi, di cosa vuoi parlare?», mi fa. 
 
Di Dusan Vlahovic, ma visto dal lato opposto, il lato polacco. Con tanti saluti allo sconquasso, al vortice di emozioni e delusioni che il passaggio del centravanti serbo alla Juve ha scatenato non solo a Firenze. 
«Immagino che mi domanderai se Piatek lo farà rimpiangere». 
 
Immagini bene. Te lo chiedo, sì. 
«Mmh, non sarà semplice. Anche perché Krzysztof ha caratteristiche differenti. Vlahovic è un attaccante che parte dai quaranta metri e si carica i difensori sulle spalle, è potente, fa reparto da solo. È uno dei due o tre centravanti del momento, il nove assoluto. L’altro è un killer da area di rigore, un finalizzatore, ha una minore forza fisica». 
 
Con Vlahovic la Juve ha risolto i suoi problemi? 
«Ha fatto un grande acquisto, anche se io parto da presupposti diversi, ho un’idea molto chiara del calcio e non la cambio». 
 
Quale? 
«La squadra non si compra, si costruisce. I soldi non sono la soluzione, non sempre almeno. La Juve pensava di poter vincere in Europa prendendo Ronaldo e ha fatto peggio di prima. Nei fatti si è rivelata un’operazione sportivamente fallimentare. Trascuro per pudore il lato economico. In altre parole, la Juve ha fatto bene a Ronaldo, ma Ronaldo non ha fatto bene alla Juve». 
 
Oggi si chiude il mercato invernale, qualcuno è cambiato. 
«È stato un mercato tranquillo. Pochissimi soldi, molte voci, le solite chiacchiere. Soltanto la Juve ha messo denaro vero sfruttando il recente aumento di capitale e il meccanismo delle uscite e delle entrate. Ha speso soldi suoi, è il privilegio dei grandi club. Per il resto prestiti, talvolta gratuiti, molti diritti e pochi obblighi, tentativi di ricucire, aggiustare, colmare i vuoti». 
 
Naturalmente si è di nuovo discusso dell’incidenza degli agenti. Fai parte dell’Uefa con un ruolo di vertice, non pensi che la deregulation penalizzi l’intero sistema? 
«Non è facile rispondere. L’Uefa ha il compito di promuovere e migliorare il calcio, non può controllare un mondo nel quale c’è gente che ruba, altra che nasconde o che trova sempre il sistema di aggirare le regole. Puoi porre il limite del tre, del quattro, del cinque per cento sulle commissioni, ma stai tranquillo che chi gioca sporco riuscirà sempre a fregare il prossimo. Attori, cantanti, manager, tutti hanno un agente oggi. E chi vuole assumere questo o quel professionista fa i conti con commissioni, rialzi e concorrenze varie, è il libero mercato con le sue storture». 

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