Messi, giorno da dios: è il Pallone universale

Tramonta una volta per tutte l’interminabile stereotipo del duello con Ronaldo, si aprono praterie sconfinate ai nuovi
Cristiano Gatti
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Presto, i sali a Ronaldo. Il suo incubo peggiore, l’ossessione di tutta una vita, gliel’ha fatta di nuovo: un altro Pallone d’Oro, l’ottavo, record immane. Certo con l’innegabile consapevolezza che stavolta sarà l’ultimo, per la pace di Ronaldo, che magari potrà dormire nuovamente come un cherubino, la notte. Anche per l’annata 2023 il migliore calciatore in carne e ossa, ancora preferibile ai fenomeni del calcio virtuale e dell’intelligenza artificiale, è la Pulce. Banalmente, il nuovo premio si spiega con la vittoria ai Mondiali, sempre capitano e mattatore dell’Argentina, con gol ad Arabia, Messico, Australia, Olanda, Croazia e Francia, in questo caso due, perché non si dica che ha ciccato proprio la finale. Ovvio che incida decisamente meno il nuovo fallimento europeo (peraltro con 21 gol personali) del Paris St. Germain, il suo ultimo club vero prima di Vacanze a Miami, dove ha comunque già segnato 11 gol in 14 partite, chiaro segno che anche quando giocherà a 88 anni la finalissima del Trofeo Villa Arzilla sarà comunque decisivo. Essere Messi è come nuotare e andare in bicicletta, non si disimpara mai. Tant’è vero che essere Messi permette a Messi di portarsi a casa l’ottavo Pallone d’Oro a 36 anni, l’età in cui tanti suoi coetanei lottano al massimo per il Pallone Gonfiato. Come tutti gli anni, pure stavolta c’è chi chiede che senso abbia premiare ancora lui, magari esibendo le alternative possibili anzi legittime: gli Haaland, i Mbappé, i Bellingham (Ronaldo no, riportate i sali). 

Messi, Pallone d'Oro da immortale  

Si è creato ormai come un qualcosa di ineluttabile, nell’annunciare la vittoria di Messi. Siamo imbiancati, siamo invecchiati, contando i Palloni d’Oro di Messi. E i bambini stanno crescendo nella convinzione che il Pallone d’Oro vada consegnato per regolamento a Messi, come quello della partita all’arbitro. La forza del suo talento diventata forza della consuetudine, questo è. Tanto che pochi in realtà accoglieranno il nuovo oscar a brutto muso: mai come stavolta il Pallone d’Oro non si esaurisce in una supremazia stagionale, calcolata col bilancino del farmacista, in una feroce lotta all’ultimo colpo di tacco. Mai come stavolta ha il sapore e il significato quasi metafisico del premio alla carriera, assoluto e definitivo, riconoscimento romantico a una storia infinita, che certamente resterà tra le glorie più raccontabili dello sport. Consegnargli questo Pallone d’Oro è consegnare lui all’immortalità, tra quelli che le generazioni terranno sempre in vita con la sola forza del ricordo, della fantasia, del paragone. Messi come eterno paradigma del meglio, così sarà e non c’è niente da discutere. 

Pallone d'Oro nel futuro di Bellingham, Mbappé e Haaland

Inevitabilmente, il momento del sigillo finale è anche il momento della successione. Tramonta una volta per tutte l’interminabile stereotipo del duello con Ronaldo (forza, altri sali, proprio non ce la fa), si aprono praterie sconfinate ai nuovi, che di sicuro dovranno mangiare ancora tante proteine prima di avvicinare Messi e i suoi numeri (contabili, artistici, naturali), ma che già promettono cose egregie. Il più simile, o meglio, per non bestemmiare in chiesa, il meno diverso rispetto a Messi sembra adesso questo Bellingham, che in rapporto va considerato ancora al biberon, ma giustamente si candida con i Mbappé e gli Haaland ai Palloni della prossima epoca. Bellingham ha 20 anni, cioè più vita davanti che alle spalle. In linea ipotetica, gli rimane tempo sufficiente per superare Messi e i suoi otto trofei. Numericamente. Ma è chiaro già da adesso: essere come Messi, essere un altro Messi, nemmeno a parlarne. Neanche le migliori cineserie riescono a replicarlo. I Messi nascono pezzi unici.  La Pulce ha deciso di fare una dedica speciale: «Ringrazio Diego, non c’è posto migliore per augurargli buon compleanno». E a proposito di Maradona, era presente alla cerimonia Kvaratskhelia, alla 17° posizione ma felice come se avesse vinto: «Non avrei mai immaginato di essere qui tra i più grandi, è un sogno». Assente invece Osimhen, 8° in classifica, il più alto tra i giocatori di Serie A. 


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