I costi vivi delle società
L’altra faccia della medaglia sono i costi vivi per le società: istruttori, personale, utenze, strutture, iscrizioni ai campionati, scouting, trasporti e non solo. Anche le spese per tesseramento e affiliazione alla Figc sono aumentate. «Tesserare un bambino pochi anni fa costava 9 euro, oggi 22,50. Per non parlare dell’affitto dell’impianto, passato da 1.000 a 2.000 euro al mese» denuncia Claudio Benanti della Vis Palermo. Fare calcio di base, oggi, è un’impresa.
Dilettanti a chi?
La Settignanese, dove è cresciuto tra i tanti Federico Chiesa, ha 88 collaboratori, tutti con contratti co.co.co, tra cui autisti, segretarie, magazzinieri, custodi, dottori e addetti alle pulizie. «Oggi siamo professionisti senza scopo di lucro, chi mi chiama dilettante mi offende» è il motto del presidente Maurizio Romei. La riforma ha tagliato le gambe alle asd, spazzando via ciò che restava del volontariato. «Solo di consulente del lavoro paghiamo 7.500 euro per dieci mesi», ci racconta Luigi Maione della Real Casarea di Casalnuovo di Napoli. «Facciamo tutti un altro lavoro, ma da presidente il mio hobby era andare al campo... ora passo il tempo a compilare carte» l’amarezza di Michele Antenucci dell’Aesernia Fraterna. Lo Stato ha voluto dare dignità a un mondo sommerso che durante la pandemia ha legittimamente alzato la voce per ottenere bonus e diritti; il prezzo da pagare è stato, però, un incremento di norme e burocrazia. Come se non bastasse, c’è stata l’abolizione del vincolo pluriennale: per molti è un atto di civiltà - le storie di ragazzi ostaggio dei presidenti sono tristemente note - per altri è una condanna. Una società di puro settore giovanile investe risorse per anni affinché un giovane cresca e sviluppi il proprio talento; poi arriva la big che lo porta via gratis e tanti saluti. I premi di formazione sono ridotti all’osso. «Prima guadagnavamo in media 80 mila euro l’anno dai cartellini, oggi zero» ci confida un presidente. Il caro bollette è stata l’ultima picconata: «In dieci anni siamo passati da 30 mila euro di utenze l’anno a 90 mila» ricorda Max Borsani dell’Aldini Milano, altra fabbrica di campioni. Nei grandi capoluoghi la bolletta dell’acqua arriva a 1.600 euro al mese, quella del gas a 1.000 e la luce anche a 2.000. E così il costo delle utenze finisce per pesare quanto quello degli allenatori, del personale e dello scouting messi insieme: anche per questo motivo non produciamo più campioni.