
È tutta una questione di diavoli e angeli - anzi, angeliñi - e santi. In paradiso o in arrivo. È in fondo una questione di calcio, di campionato, la messa laica del weekend allungato: destini che a Milano e Roma appaiono segnati e nel giro di un attimo cambiano, le stelle si riallineano e si ricomincia daccapo.
Il derby sembra finito, Roma-Napoli sembra conclusa. Due insistenze, due gol e le distanze restano immutate, esplodono solo le emozioni.
All’Olimpico la Roma in panchina, il Napoli in campo. Quel tanto di fantasia e tecnica alle spalle di Ranieri, quel tanto di fame da scudetto davanti agli occhi di Conte. Il calcio è fatto di decisioni e necessità, di urgenze e responsabilità. Di rischi e fasi. Ranieri, che non è un pivello, ha puntato decisamente sul quarto di coppa Italia di mercoledì col Milan; Conte, che è uno straordinario mezzofondista, sul bersaglio grosso, l’insperato, il più ambito.
La partita è stata a lungo una conseguenza delle scelte iniziali: per un tempo il Napoli ha mosso il pallone con una continuità quasi annoiante; la Roma s’è invece affidata alle ripartenze e nel finale del periodo - sugli sviluppi di un calcio d’angolo - ha avuto anche il pallone del pari.
Nella ripresa la Roma parzialmente corretta ha fatto molto di più, colpendo un palo su punizione con Paredes e costringendo il Napoli nella propria metacampo. La chiusura è stata dell’Angeliño vendicatore, che ha tolto a Conte la possibilità di allungare sull’Inter. Pellegrini e Hummels hanno riposato, Dybala non è arrivato a venti minuti di partita. Hanno pesato i cambi: la differenza tra chi scrive e chi allena non è solo nello stipendio. A proposito, devo delle scuse a Conte: non erano lamentele, quelle di sabato, ma una semplice constatazione. La perdita di Kvara è effettivamente pesante, manca una soluzione importante. Serve il sostituto. Ne conveniamo tutti e allora perché dargli del piangina? Forse è il caso di azzerare i pregiudizi nei confronti di Antonio.
PS. Di Spinazzola, autore del bel gol d’apertura, posso solo dire che nelle ultime due stagioni romaniste - gli infortuni non gli sono mancati - ne avevo celebrato il funerale agonistico. Leonardo mi sembrava arrivato, a fine corsa. Da Firenze in poi ho invece rivisto uno Spinazzola molto vicino a quello delle prime uscite all’Europeo. Il merito è di Conte, che non se l’era dimenticato e ha saputo restituirgli la fiducia e la carica, ma anche e soprattutto dello stesso Spina, che ha dato a tutti una lezione di professionalità e passione per il lavoro.