Mario Zagallo, il Brasile piange il quattro volte campione del mondo

All'età di 92 anni si é spento il fuoriclasse brasiliano, protagonista in quattro dei cinque mondiali vinti dalla Seleçao
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Il calcio brasiliano piange Mario Zagallo, uno dei primi fuoriclasse della Seleçao, scomparso all'età di 92 anni. Quattro volte campione del mondo con la nazionale verdeoro, prima da calciatore e poi da allenatore. Ha vissuto momenti memorabili con il Brasile, dal lontano 1958 al 1994, con la vittoria contro l'Italia negli Stati Uniti.

Mario Zagallo, il Professore senza tempo

Soprannominato "Il Professore", per la sua sagacia tattica e per il suo modo di stare in campo, Mario Zagallo ha onorato la maglia del Brasile in più di un'occasione. Dal primo Mondiale vinto in Svezia nel 1958, fino ad arrivare al successo in Cile nel '62, senza tralasciare l'indimenticabile titolo del '70 in Messico, dove vestì i panni del commissario tecnico.

Viceallenatore nel '94, quando la Seleçao fu incoronata negli USA, prima della disfatta del '98, con il Brasile di Ronaldo sconfitto dalla Francia con il punteggio di 3-0, tra le mura dello "Stade de France". Questa, l'ultima occasione in cui ha guidato la nazionale del suo Paese da selezionatore.

I familiari hanno annunciato così la dipartita di Zagallo attraverso il suo account social ufficiale: "È con grande tristezza che vi informiamo della morte del nostro eterno quattro volte campione del mondo Jorge Lobo Zagallo".


Zagallo, solo Deschamps e Beckenbauer come lui

Come Zagallo, a cui é stata anche dedicata una statua dinanzi allo stadio "Nilton Santos" di Rio de Janeiro, solo ex calciatori del calibro di Franz Beckenbauer e Didier Deschamps. Un mondiale da calciatore e uno da allenatore: il tedesco nel 1970 e nel 1990, mentre il centrocampista francese ha vissuto l'epopea che ha caratterizzato la fine degli anni '90, prima di essere incoronato in Russia nel 2018.

Zagallo, definito da molti un "genio tattico", é stato uno dei primi a trasformare un 5-3-2 di stampo difensivo in un 3-5-2 votato all'attacco, con gli esterni pronti a partecipare con continuità alla fase offensiva. Fu questo uno dei segreti del suo successo, fin quando gli é stata data la possibilità di allenare. Con il Brasile, una storia senza fine.


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