Fantastici 4? Questa è roba per Ancelotti

Le stelle del Real come i grandi numeri 10 nel suo Milan: Carlo sa bene come farli giocare insieme
Alberto Polverosi
4 min

Quando è arrivato Mbappé a Madrid tanti hanno fatto la stessa domanda ad Ancelotti: e ora come farai a mettere tutti insieme Rodrygo, Bellingham, Vinicius e Mbappé? Carletto sorrideva e rispondeva secondo stile consolidato: «In qualche modo faremo». Gli consigliavano allora di lasciarne fuori uno a partita. E Carlo sorrideva ancora: fossi matto. Eccoli i fantastici quattro tutti insieme, sono diventati l’incubo di Guardiola che, se ha chiuso i 180' contro il Real con un punteggio totale di 3 gol a 6 deve ringraziare solo Ederson e la buona stella. In due partite ne poteva prendere serenamente una dozzina. Ora sono convinti anche i madrileni che quei quattro possono stare insieme. Anche perché, se c’è un allenatore capace di sfruttare la qualità dei campioni, sintetizzando la ricchezza dei singoli nella ricchezza del collettivo, è proprio lui, Carlo Ancelotti da Reggiolo.

La scelta di Ancelotti, in stile Milan

A Madrid, prima di porgli la domanda sui 4 fenomeni, dovevano ricordare la sua storia e tornare indietro di una ventina di anni. Carlo ha vinto scudetto e Champions con il Milan dei quattro numeri 10. Era stato capace di schierarli uno a fianco all’altro, magari non sempre, ma spesso. Nel campionato 2002-03 vinse 4-1 a Bergamo con questa formazione ad albero di Natale: Dida; Simic, Nesta, Maldini, Kaladze; Gattuso, Pirlo, Seedorf; Rivaldo, Rui Costa; Tomasson. Nella stessa stagione conquistò la Champions a Manchester contro la Juve togliendo Rivaldo (e ovviamente Tomasson) e schierando Gattuso, Pirlo e Seedorf a centrocampo, Rui Costa trequartista, Shevchenko e Inzaghi in attacco. Va ricordato che Pirlo era un numero 10, trasformato poi da Mazzone a Brescia in regista, ruolo in cui si è perfezionato nel Milan; e bisogna aggiungere che anche Seedorf (confessiamo un debole “tecnico” per quel fantastico olandese) era un 10 che faceva la mezz’ala, 10 erano poi Rui Costa e Rivaldo che l’anno dopo lasciò il posto al suo connazionale Kakà. E infatti, nel 2003-04, anche per la lunga assenza di Inzaghi, Ancelotti schierò molto spesso il Milan con l’albero di Natale, sempre con Pirlo regista, Seedorf mezz’ala, Kakà e Rui Costa trequartisti, Shevchenko punta centrale.

Il Real Madrid di Ancelotti

Erano lontani i tempi in cui Carletto, allenatore del Parma, aveva detto no all’arrivo di Roberto Baggio perché gli avrebbe scombinato il sacro 4-4-2 ereditato dal suo maestro Sacchi. Ancelotti ha poi cambiato strada, affidando la sua carriera ai campioni. Nessuno sa gestirli allo stesso modo. Era riuscito a convincere Seedorf a lavorare di più e brillare di meno, lui che era un diamante puro, per mantenere l’equilibrio della squadra. E quando gli chiedevano da dove cominciava a fare la formazione, rispondeva sempre con lo stesso nome: Gattuso. Perché le sue gambe, i suoi polpacci e la sua corsa gli permettevano di tenere in piedi quella fantastica giostra. Succede lo stesso nel Real. Ha convinto due fenomeni come Bellingham e Rodrygo a lavorare anche nella fase difensiva spostandoli sulle fasce davanti ai terzini. Immaginiamo la soddisfazione di Ancelotti al momento del secondo gol al Manchester City, quando la palla è diventata oro passando dai piedi dei Fantastici 4, con lo stop di Rodrygo (applausi), l’inserimento di Bellingham, il tocchetto di Vinicius, l’assist ancora di Rodrygo e il destro-sinistro-destro, con la difesa inglese a gambe all’aria, di Mbappé e lì è crollato il Bernabeu. Sintetizzando il pensiero ancelottiano: il calcio è dei calciatori.


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