Lo sport più pazzo del mondo

Leggi il commento su Mbappé e sulla situazione del calcio moderno
Marco Evangelisti
3 min

C'è talmente tanto rispetto che non c’è più religione. Kylian Mbappé ha i suoi diritti, il Paris Saint-Germain applica le regole, il Real Madrid e qualche altro club dalla liquidità oceanica passano fischiettando di lì fingendo di guardare altrove, i procuratori fanno le capriole al telefono e tutto è giusto, tutto è corretto, tutto è formalmente sano. La squadra viaggia in Asia, il giocatore più forte del mondo o qualcosa di molto simile resta a Parigi a giocherellare con gli esuberi della rosa. Con un certo gusto, stando ai filmati che passeggiano a passi larghi per la piazza digitale. E noi, invecchiati in un mondo diverso in cui il calcio aveva un senso logico e un afflato emotivo piuttosto invadente, stiamo lì a chiederci dove siamo arrivati.

Qualcosa è impazzito

Dove ci hanno portati la sovrapposizione dello spettacolo allo sport, la moltiplicazione dei canali di comunicazione, la sterilizzazione di ogni legame affettivo, i fondi sovrani e i soldi arabi. Ci hanno condotti in un tempo e in un luogo molto razionale, in realtà: dove ciascuno è padrone del proprio destino e del proprio portafogli. Dove il giocatore è un artista che fa mercato del proprio talento e non esistono più equivoci liberticidi come l’appartenenza, la fedeltà, la dedizione. Eppure, chinata la testa davanti alla ritrovata indipendenza individuale, non si riesce a scacciare questo fastidioso pensiero retrogrado: che quaggiù qualcosa sia impazzito. Al di là dei regolamenti parossistici, degli stipendi a sette zeri offerti a bravi interpreti di campionati discreti, ai Mondiali disputati in inverni roventi e sabbiosi, incontriamo una delle squadre più ricche del mondo, casualmente a trazione mediorientale, che mette a sedere il migliore.

Stranieri in terra straniera

Ne abbiamo viste tante. Vierchowod giocare con una caviglia grossa quanto il pallone, dopo aver tranciato con un taglierino il dorso della scarpa. Maradona andare in campo dopo notti insonni e mattine tormentate, sentendosi in missione per conto di un popolo. Messi minacciato da Luis Enrique: o ti piazzi più a destra o puoi anche continuare fino alla panchina, e lui mettersi all’ala con la disciplina di un soldatino. Ma Mbappé fuori squadra, come un Primavera arrivato in ritardo all’allenamento, ci fa sentire stranieri in terra straniera, piombati in un universo estraneo dove le leggi fisiche sono diverse e forze che non comprendiamo ridono di noi.


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