Mourinho, c'è l'Arabia
Per budget, possibilità di incidere e accoglienza, il deserto riserva le tentazioni maggiori. Dopo aver rifiutato una proposta faraonica per guidare la nazionale d’Arabia, lo Special One aveva pronunciato frasi piuttosto rilevanti: «Lavorerò in Arabia. Non so quando ma sono piuttosto sicuro che è una cosa che farò certamente». Mou era atteso a Riyad insieme alla Roma per l’amichevole di mercoledì prossimo contro l’Al-Shabab, un’occasione per celebrare i 75 anni del club nell’ambito di “Riyadh Season”, il festival dell’intrattenimento che campeggia sulle maglie di Lukaku e compagni al prezzo di 25 milioni in un biennio. Gli arabi fremevano al pensiero di stendere il tappeto rosso a José, e lui - con la testa alla Roma - ne avrebbe approfittato solo per salutare qualche conoscente disposto a ricoprirlo d’oro. La Roma andrà in Arabia ovviamente con De Rossi, pochi giorni dopo l’esordio con il Verona, ma il portoghese potrebbe comunque decidere di andare a vedere di persona, nelle prossime settimane, la mirabolante crescita del movimento. In estate il public investment fund (Pif) avrà infatti altri milioni da riversare nella macchina del calcio, continuando a finanziare i 4 principali club del Paese. Con la nazionale affidata a Mancini, il fondo dovrà trovare un nuovo allenatore per l’Al-Ittihad (a Gedda) di Benzema e Kanté, passata dal trionfo in campionato del 2022-23 al 7° posto attuale. Pif e la famiglia reale potrebbero anche decidere che il secondo posto dell’Al-Nassr di Riyad non basta e dare il benservito a Luis Castro per puntare su un portoghese decisamente più titolato, abbinandolo a Cristiano Ronaldo con il quale Mou non si lasciò benissimo ai tempi di Madrid. Gli sceicchi, però, sanno essere molto convincenti quando si pongono un obiettivo. Del resto, uno dei proverbi più in voga da quelle parti recita: “Quando c’è una meta, anche il deserto diventa strada”.