Boto: "Lazio, Marcos Antonio come Pirlo e Verratti"

L’ex chief scout dello Shakhtar portò il brasiliano in Ucraina e  ce lo racconta
Boto: "Lazio, Marcos Antonio come Pirlo e Verratti"
Carlo Roscito
5 min

ROMA- Qualche domanda su Marcos Antonio? «Sure, he’s my boy». Ci è arrivato prima di tutti, José Boto. Attuale direttore sportivo del Paok Salonicco, ex chief scout di Benfica e Shakhtar Donetsk. L'uomo che ha scovato e portato in Ucraina il centrocampista acquistato dalla Lazio. Lui, la guerra, l'ha schivata di pochi mesi: ha dato l'addio lo scorso dicembre lasciando in eredità le sue intuizioni. I suoi colpi. Su uno di questi si è fiondato il club biancoceleste.  

 Signor Boto, quando e come ha scoperto Marcos Antonio?  

«Ho visto due partite del Mondiale Under 17 e me ne sono innamorato. Lo considero uno dei miei giocatori preferiti di tutto il periodo allo Shakhtar e anche al Benfica come ds e scout».  
 
Mai avuto dubbi sul suo conto?  
 
«Io no, molti altri sì perché non era grosso e potente. Ma è così dinamico che non può essere un problema, soprattutto per il calcio che piace a me. Non abbiamo pagato molto per lui, era senza un contratto da professionista. Trovato l’accordo lo abbiamo mandato all'Estoril, in Portogallo, per dagli modo di adattarsi un anno all’Europa. Dopo soli 6 mesi abbiamo deciso di portarlo con noi in prima squadra».
 

 
Come lo vede in Serie A? 
 
«Può fare bene ovunque, penso che dipenda sempre di più dagli allenatori che dal campionato. In Italia ci sono tanti tecnici a cui piace giocare a calcio con il pallone e non senza (ride, ndr). La Lazio è una di queste squadre, si adatterà bene. Marcos è perfetto per mister come Sarri o De Zerbi, Italiano e Aquilani».  
 
Lo conosce alla perfezione: in cosa spicca e dove può crescere? 
 
«Le sue migliori qualità sono la visione di gioco e la velocità di esecuzione. Si muove rapidamente, dà sempre linee di passaggio. Vorrebbe essere in ogni parte del campo, anche quando non ce n’è bisogno. In questo potrebbe migliorare, deve imparare a essere più calmo. Può sembrare un controsenso, ma è così». 
 
Nello Shakhtar giocava nel 4-2-3-1, è adatto a fare il regista del 4-3-3? 
 
«Sì, può giocare in ogni ruolo del centrocampo. Può essere un regista alla Pirlo, Verratti o Locatelli, cioè uno più bravo a costruire gioco che a distruggerlo. Ha capacità e intelligenza. Sa anche giocare da mezzala e fare il “box to box”. Insomma, la posizione non è un problema».  
 

 
Fuori dal campo che tipo è? 
 
«Prima di tutto ha molta fiducia in se stesso, è un bravo ragazzo. Lavora tanto ed è sempre pronto a migliorare e ascoltare gli altri, l’allenatore, i compagni e i direttori sportivi. È aperto a tutti loro per crescere. Sarà così anche nella Lazio».  
 
A Roma troverà un allenatore maniacale come Sarri. Che rapporto potrebbe nascere tra i due? 
 
«Sarri propone il tipo di calcio che mi piace. È una fortuna per l’Italia che ci siano molti allenatori come lui adesso. So che è meticoloso, attento ai dettagli. Marcos potrà imparare molto e crescere».  
 
Cosa pensa della Lazio?  
 
«Un piacere vederla giocare. Ci sono tanti giocatori che mi piacciono, per esempio Luis Alberto. Provai a portarlo al Benfica quando era al Siviglia B».  
 
Brasiliano per brasiliano, Marcos Antonio erede di Lucas Leiva. 
 
«Marcos è più dinamico, probabilmente non altrettanto forte nei duelli. Però è molto intelligente e sa compensare usando il suo piccolo corpo per uscire al meglio dai contrasti, approfittandone. Sono due giocatori diversi, ma credo che Marcos possa diventare più forte di Lucas. Che per me è un grandissimo calciatore».  
 
Ha sentito Marcos Antonio dopo lo scoppio della guerra? Cosa le ha raccontato?
 
«Ho parlato con lui durante questo periodo, è stato molto difficile per tutti i giocatori dello Shakhtar e le persone che lavorano lì. Sono andato al Paok a dicembre, quindi non ero in Ucraina all’inizio del conflitto. Ma ho sentito tutti loro, Marcos compreso. Anche perché ha un bambino piccolo ed ero molto preoccupato per la sua famiglia». 
 
Le ha detto niente della Lazio?  

«Che è felice di venire in Italia e in un grande club, con un allenatore che normalmente apprezza giocatori con le sue qualità. Penso che sarà un matrimonio felice».


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