Pippo Inzaghi: “Conosco Simone, di sicuro ha dormito male…”

"Ha costruito questo percorso con serietà, gli ho detto: non hai niente da perdere"
Antonio Giordano
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La sera in cui su Atene s’aggiravano più fantasmi che spettatori, Pippo Inzaghi prese il calcio e lo trasformò in «vendetta»: Istanbul, a quel tempo, restava una ferita dell’anima che sanguinava ancora, ma a un uomo «Super», per scacciar l’angoscia, bastò restar se stesso, giocare sul filo dell’intuito e dell’intelligenza, declamare la propria natura e adagiarla nella Storia. «Io ne ho giocate tre e so cosa significa». La notte in cui la Champions resta il tormento, sognando che poi si trasformi in estasi, si sta con gli occhi spalancati, si resta a galleggiare nel vuoto e nel silenzio, e si cerca semplicemente di rimanere in pace con se stesso: Istanbul, di nuovo, è il crocevia di Simone, l’adorabile fratellino che stasera può portare in famiglia l’ennesimo trofeo; e mentre intorno a sé Pippo coglie l’ammirazione delle centinaia di colleghi radunati alla quarta edizione di «The Coach experience», la kermesse dell’Associazione allenatori, la memoria viaggia lungo i binari del sentimento. A Rimini c’è folla, c’è l’emozione provata nel convegno commemorativo di Gian Piero Ventrone, c’è in arrivo Luciano Spalletti, che stamani riceverà la «figurina d’oro Panini» e poi all’orizzonte c’è Simone Inzaghi che sfida Pep Guardiola, con Pippo che gli sta al fianco.

L’hanno celebrata in centinaia, Inzaghi, tutti «amici» dell’Aiac...

«Ho colto l’entusiasmo e per me è stata una bellissima esperienza essere qui a parlare con loro. Una gratificazione che mi appaga».

La strada migliore per allenare qual è: partire dal basso, dalla cosiddetta gavetta, o accorciare il percorso?

«Io ho fatto quella più complicata o se vogliamo la più lunga ma gli anni di Venezia, la vittoria del campionato e dalla Coppa, mi hanno appagato e sono soddisfazioni che porto sempre con me. Simone era alle giovanili della Lazio, è andato in prima squadra e si è affermato immediatamente, è stato bravissimo. Questo lavoro diverte, allenare stare in mezzo al campo verde è la mia vita».

La strana vigilia di Manchester City-Inter vissuta da Simone e Pippo...

«Io so quello che può passare per la sua testa, so che non è riuscito ad addormentarsi. Noi ci sentiamo tre volte al giorno e l’ho sentito emozionato. Penso che la finale di Champions rappresenti l’apice della carriera. Io non avevo dubbi che sarebbe arrivato lì».

Cosa vi siete detti?

«Nulla in particolare, Simone non ha bisogno di consigli. Mi sono permesso di ricordargli che lui abbia veramente poco da perdere. Simone ha meritato questo traguardo, lo ha costruito con serietà e professionalità, con le sue capacità. Ma adesso se la deve godere: giocano contro la squadra più forte al mondo, probabilmente imbattibile. Però nel calcio si è sempre undici contro undici e quindi... Quindi mi auguro che vinca con la sua Inter».

La Champions è un affare di famiglia.

«So quanto sia difficile: da giocatore, ne ho fatte tre di finali. Ma credo che da allenatore siano sensazioni ancora più forti. I complimenti a Simone vanno fatti a prescindere. Ora, prima di entrare nel vivo della gara, mi auguro che rifletta su quel che ha saputo realizzare: gli basterà ricordarsi dov’era qualche anno fa, dove sarà stasera. Lo ha voluto ed è giusto che sia lì».

Le finali di Europa League e Conference hanno lasciato amarezza ai club italiani.

«Sono dispiaciuto per la Roma e per la Fiorentina, che hanno fornito prestazioni notevoli. Non hanno nulla da rimproverarsi, il calcio è questo, va dato loro merito di essere state protagoniste sino all’ultimo secondo. Speriamo di ripeterci nella prossima stagione, vorrebbe dire che stiamo crescendo».

Cosa significa, per Pippo Inzaghi, un Milan senza Maldini.

«Sono rimasto sorpreso. Ho letto quello che hanno detto Ancelotti, Nesta e ognuno di noi la pensa come loro. Non entro nel merito, ma Paolo ha vinto lo scudetto, è arrivato in semifinale di Champions, ha costruito. È una leggenda ed è un grande uomo. Mi dispiace molto da milanista e speriamo che, nonostante tutto, il Milan rimanga ad alti livelli».

Ha lasciato anche Ibra, come se l’immagina Inzaghi?

«Non gli ho scritto, preferisco telefonargli. Non so cosa gli riservi il futuro ma Zlatan può fare qualsiasi cosa, lui può tutto. Mi auguro che resti al Milan perché avendo perso Paolo, lui potrebbe dare tanto».


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