I campioni d’Italia in carica - non dimentichiamolo - si giocano i quarti di Champions a Barcellona senza Kim, ma con Calzona. Il pezzo potrei anche chiuderlo qui perché un’assenza di otto mesi e una presenza di pochi giorni descrivono perfettamente una stagione dalle logiche controverse. Certo, Francesco Calzona non può dirigere da dentro la linea difensiva, provare a tappare i buchi dei compagni e firmare uno storico scudetto. Ha un altro ruolo, altri compiti, un’altra storia e un’altra età. Ma adesso è lui la guida del Napoli. Ho avuto modo di confrontarmi con Calzona e devo dire che ne ho percepito immediatamente l’intelligenza, la competenza e la sensibilità umana. Non riesco ancora a chiamarlo Ciccio perché anche la confidenza ha i suoi tempi. Un giorno disse una cosa che mi colpì, una cosa davvero insolita, relativa al primo e unico anno in cui ha fatto parte del Napoli di Spalletti, pur non lavorando mai sul campo. «Mi sono detto: già che ci sono, lo studio da fuori. Quell’anno non l’ho buttato, anzi, lo considero di notevolissima importanza per la mia formazione. Sono riuscito a sfruttare al meglio un periodo di semi-disoccupazione. E mi sono reso conto che Spalletti possiede una qualità rara: al di là delle eccezionali capacità sul campo, riesce a adattarsi a ogni situazione e allena tutti, dal centravanti all’ultimo degli impiegati».