Se in privato, e con la promessa del massimo riserbo, proponessero a Pioli e ai suoi tifosi più evoluti di firmare davanti a un notaio cosa scegliere tra le due montagne da scalare giovedì sera a Roma in Europa League e lunedì prossimo nel derby di Milano, le risposte sarebbero di un solo tipo. Perché l’eventuale, e sulla carta molto complicata impresa dell’Olimpico, comporterebbe la garanzia della semifinale di Europa League mentre un eventuale successo o pareggio nel derby produrrebbe solo uno slittamento di una settimana dei festeggiamenti interisti. Sai che soddisfazione!
Eppure c’è uno zoccolo duro del tifo rossonero, specie tra quelli che frequentano i social e che da tempo hanno affisso il cartello “Pioli out”, che dinanzi allo stesso quesito opterebbe per il successo nel derby così da privilegiare il proprio egoismo personale a dispetto di un risultato europeo del club in grado di aprire scenari al momento non pronosticabili.
Ed è proprio questo doppio “sentire” del popolo rossonero a scandire le ore che porteranno Pioli e il suo gruppo all’appuntamento di giovedì sera con la consapevolezza che la prima montagna europea è forse anche la più ardita da scalare e non solo per lo scenario dello stadio tutto dipinto di giallorosso. Sono le premesse spesso che sconsigliano prematuri sogni di gloria. E le premesse di questo Milan si trascinano dietro da molti mesi i soliti vizi (difesa) oltre alle indubitabili qualità (attacco). Per provare a risalire la china del gol di Mancini dell’andata, il Milan deve fare la partita, provare a governarla e dominarla con il rischio, più volte corso, anche col Sassuolo che non è certo un rivale di rango superiore, di subire gol per via di quella difesa ballerina nella quale, per fortuna di Pioli, può rimettere piede Tomori, squalificato nella sfida di San Siro.
Ma può bastare la presenza dell’inglese che - in campionato, girone d’andata - si lasciò intrappolare da Belotti lasciando i suoi in dieci negli ultimi snodi della sfida, per riparare ai troppi buchi e alle distrazioni tradite in tutta la stagione cosi da risultare in trasferta la peggior difesa del campionato? La risposta, scontata, è naturalmente no. Ci sarebbe bisogno di molto altro, anche di una serata di Leao che non può certo accontentarsi di aver suonato la carica a Reggio Emilia per sentirsi in pace con il suo talento e con le aspettative del Milan. E magari di non lasciarsi distrarre da un probabile magheggio tattico di DDR. Pioli firmerebbe davanti a un notaio anche se sotto sotto, qualora dovesse lasciare Milanello, vorrebbe farlo con un passo d’addio diverso. Già, perché l’uomo non è così ingenuo da immaginare che dinanzi a due sconfitte sui due fronti non accadrebbe niente di traumatico nel suo rapporto con il management del club. I primi sostenitori di Stefano Pioli abitano proprio a casa Milan e non c’è bisogno di vederli passeggiare tutti i giorni tra i vialetti di Milanello per saperlo. Anzi, visti i precedenti, è più utile il contrario e cioè lavorare in ufficio senza contattare a Pasqua Pirlo (epoca Maldini) per far sentire il proprio sostegno. Poi se bisognerà lasciarsi sarà utile farlo senza cedere alle finzioni.