Roma, la notte della vita: vietato sbagliare

Questa sera al do Dragão la sfida d’andata dei playoff contro il Porto. Il sogno di qualificarsi in Champions passa soltanto dalla vittoria dell’Europa League
Roberto Maida

Sono passati 17 mesi, 12 partite, 4 allenatori, 2 direttori sportivi. E 4 centravanti: uno di questi, Romelu Lukaku, nel settembre 2023 griffava in Transnistria l’ultima vittoria della Roma fuori dal territorio italiano. Basta questo ricordo lontano, a pochi chilometri dalla guerra, in una piccola e controversa regione filorussa della Moldavia, per non dare niente di scontato a Oporto. Tanto più perché i precedenti - tre eliminazioni su tre nelle coppe - non alimentano buoni pensieri: l’ultima volta allo stadio do Dragão è stata anche l’ultima partita giocata in Champions League, nel marzo 2019, quando un ribaltone offrì a Claudio Ranieri l’opportunità di allenare per la seconda volta la squadra del cuore a poche settimane dalla fine della stagione. Adesso Ranieri ha avuto il tempo di raddrizzare il campionato, con una media da secondo-terzo posto nelle ultime 8 giornate, e ha vinto le due partite in casa che gli hanno permesso di accedere allo spareggio di Europa League. Eppure non ha ancora risolto il misterioso malanno che affligge la Roma quando prepara il trolley per viaggiare: ha sorriso a Udine e Venezia grazie a tre rigori complessivi, è vero, ma ha perso a Como, Alkmaar e Milano, abbassando di molto il livello della prestazione collettiva. Discontinuità geografica emotiva.

Dentro o fuori

In un playoff, ovviamente, basta segnare un gol in più dell’avversario per passare: lo scorso anno De Rossi addirittura eliminò il Feyenoord ai calci di rigore. Quindi la solidità difensiva è un ottimo presupposto per evitare guai, soprattutto nella partita d’andata. Anche il pareggio potrebbe essere un buon risultato, in vista dello spirito Olimpico che da molte settimane pervade i giocatori alleggerendone muscoli e testa. Ma al do Dragão servirà soprattutto personalità, osservando che il Porto sta vivendo una stag ione addirittura peggiore rispetto a quella della Roma: André Villas-Boas, il contestatissimo presidente ed ex Special Two delle panchine, ha avviato il nuovo ciclo dopo la partenza di Sergio Conceiçao sbagliando la scelta dell’allenatore, Vitor Bruno, esonerato il 20 gennaio dopo la sconfitta in campionato contro il Gil Vicente. Il sostituto, l’argentino Martin Anselmi che è alla prima esperienza nel nostro continente, è riuscito almeno a evitare l’eliminazione diretta dall’Europa League battendo a fatica il Maccabi Tel Aviv, ma nella Liga è terzo a 8 punti dallo Sporting capolista e non vince dal 28 dicembre (due sconfitte e tre pareggi). In più Villas-Boas ha autorizzato a gennaio la cessione dei due giocatori più richiesti, Nico Gonzalez che aveva segnato la rete qualificazione e Galeno, che hanno fruttato 110 milioni di ricavi. Giusto in senso aziendale ma molto rischioso dal punto di vista tecnico. 


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Insomma: la Roma non deve avere troppa paura del nome che leggerà sui tabelloni dello stadio do Dragão, dove ancora campeggiano le foto di José Mourinho, campione d’Europa nel 2004. L’ambiente sarà caldo, facilitato nel rumore dall’effetto conca: è un posto dove invece di salire si scende sotto il livello della strada per accedere alle tribune. Ricorda molto il Marakana, la tana intimidatoria della Stella Rossa a Belgrado. Del resto la città di Oporto è tutta un saliscendi, con la zona storica di Ribeira a ridosso del Rio Douro e la parte alta che sovrasta il fiume con i tanti ponti di altezza non consigliata a chi soffre di vertigini. L’up and down è anche ciò che descrive alla perfezione la stagione delle due squadre. Ma il Porto sta attraversando la turbolenza mentre la Roma riconosce all’orizzonte un po’ di stabilità : è ora di dimostrarlo anche fuori dall’Italia.

 

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Sono passati 17 mesi, 12 partite, 4 allenatori, 2 direttori sportivi. E 4 centravanti: uno di questi, Romelu Lukaku, nel settembre 2023 griffava in Transnistria l’ultima vittoria della Roma fuori dal territorio italiano. Basta questo ricordo lontano, a pochi chilometri dalla guerra, in una piccola e controversa regione filorussa della Moldavia, per non dare niente di scontato a Oporto. Tanto più perché i precedenti - tre eliminazioni su tre nelle coppe - non alimentano buoni pensieri: l’ultima volta allo stadio do Dragão è stata anche l’ultima partita giocata in Champions League, nel marzo 2019, quando un ribaltone offrì a Claudio Ranieri l’opportunità di allenare per la seconda volta la squadra del cuore a poche settimane dalla fine della stagione. Adesso Ranieri ha avuto il tempo di raddrizzare il campionato, con una media da secondo-terzo posto nelle ultime 8 giornate, e ha vinto le due partite in casa che gli hanno permesso di accedere allo spareggio di Europa League. Eppure non ha ancora risolto il misterioso malanno che affligge la Roma quando prepara il trolley per viaggiare: ha sorriso a Udine e Venezia grazie a tre rigori complessivi, è vero, ma ha perso a Como, Alkmaar e Milano, abbassando di molto il livello della prestazione collettiva. Discontinuità geografica emotiva.

Dentro o fuori

In un playoff, ovviamente, basta segnare un gol in più dell’avversario per passare: lo scorso anno De Rossi addirittura eliminò il Feyenoord ai calci di rigore. Quindi la solidità difensiva è un ottimo presupposto per evitare guai, soprattutto nella partita d’andata. Anche il pareggio potrebbe essere un buon risultato, in vista dello spirito Olimpico che da molte settimane pervade i giocatori alleggerendone muscoli e testa. Ma al do Dragão servirà soprattutto personalità, osservando che il Porto sta vivendo una stag ione addirittura peggiore rispetto a quella della Roma: André Villas-Boas, il contestatissimo presidente ed ex Special Two delle panchine, ha avviato il nuovo ciclo dopo la partenza di Sergio Conceiçao sbagliando la scelta dell’allenatore, Vitor Bruno, esonerato il 20 gennaio dopo la sconfitta in campionato contro il Gil Vicente. Il sostituto, l’argentino Martin Anselmi che è alla prima esperienza nel nostro continente, è riuscito almeno a evitare l’eliminazione diretta dall’Europa League battendo a fatica il Maccabi Tel Aviv, ma nella Liga è terzo a 8 punti dallo Sporting capolista e non vince dal 28 dicembre (due sconfitte e tre pareggi). In più Villas-Boas ha autorizzato a gennaio la cessione dei due giocatori più richiesti, Nico Gonzalez che aveva segnato la rete qualificazione e Galeno, che hanno fruttato 110 milioni di ricavi. Giusto in senso aziendale ma molto rischioso dal punto di vista tecnico. 


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