Mancini, l'allenatore dell'Italia del Rinascimento tradito dal suo genio

L'ormai ex ct è stato il rilancio del calcio azzurro, il 4-3-3, i record in serie e il trionfo europeo a Wembley. Ma il pass mancato per il Qatar ha spezzato qualcosa...
Fabrizio Patania
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L’azzurro tenebra di Mancini, dopo cinque anni da ct, il titolo europeo di Wembley del 2021 e l’eliminazione dal Mondiale in Qatar, si è chiuso sotto il sole di Mykonos, isole Cicladi, e una lettera di dimissioni scritta di suo pugno su un foglio bianco e inviata via Pec (posta certificata) in federazione sabato. Tornerà a Roma mercoledì, rientrando dalle vacanze in Grecia, da ex commissario tecnico. Il contratto lo aveva firmato, liberandosi dallo Zenit San Pietroburgo, il 14 maggio 2018 nello studio romano dell’avvocato romano Angelo Clarizia, allora vice commissario della Figc. Per effetto del rinnovo, Gravina lo avrebbe in epoca successiva prolungato sino al 2026. Mancio cinque anni fa subentrava a Ventura, uscito di scena dopo l’eliminazione dal Mondiale in Russia, e Di Biagio “ad interim”. Il conto dice 61 partite sulla panchina azzurra, 37 vittorie, 15 pareggi, 9 sconfitte, 122 gol realizzati e 44 subìti, 105 convocati e 57 esordienti lanciati in Nazionale, compreso Buongiorno, il capitan futuro del Toro, impiegato il 18 giugno in Olanda-Italia, finalina di consolazione della Nations League a Enschede. Un altro terzo posto, come nel 2021.

Onta Mondiale

Era l’epilogo di una ripartenza faticosa, in salita, condizionata dal peccato originale: pesavano la mancata qualificazione in Qatar dopo i due rigori falliti da Jorginho nel doppio confronto con la Svizzera, il pareggio di Belfast con l’Irlanda del Nord e l’inglorioso tonfo del Barbera, datato 24 marzo 2022, inchiodato nel playoff con la Macedonia del Nord da un destro assassino di Aleksandar Trajkovski, ex centrocampista del Palermo, 31 anni, ora svincolato dopo l’esperienza nella Saudi League (guarda un po’) con l’Al-Fayha Fc. Una delusione enorme, da cui forse non si è mai ripreso, anche se si era tuffato con energia verso lo scouting, il progetto di crescita e di ricerca dei giovani talenti, un piano di ampio respiro convidiso (e in ultimo un po’ subito) con la federazione per allevare una nuova generazione di calciatori italiani, perché la Serie A è piena di stranieri, soprattutto in attacco. Non come ai suoi tempi, quando era rimasto fuori per incomprensioni con Bearzot (Mondiale ’86) e con Sacchi (’94), ma i ct avevano ampia scelta. La concorrenza con Baggio e Zola, il non sentirsi al centro dell’universo, sono sempre stati il suo tarlo, determinante nel rapporto controverso con l’azzurro. Da numero 10 l’aveva subìto, senza consacrarsi. Da ct era riuscito a imporsi, almeno sino alla notte di Palermo.

Tocco magico

Si chiude un ciclo di cinque anni in cui Mancini ha portato l’Italia sul tetto d’Europa, riconquistando un titolo vinto in precedenza solo nel 1968 a Roma. Era entrato nel Pantheon di Coverciano, guadagnando la foto in aula magna accanto agli unici ct vincenti della storia azzurra: Pozzo, Bearzot, Lippi e Valcareggi. Nel periodo più bello, era riuscito a imporre un modello di calcio offensivo, quasi da club e non da selezionatore, stabilendo il record mondiale di imbattibilità per una nazionale (37 partite utili). La voglia di osare, di divertirsi, di giocare all’attacco, il mantra del 4-3-3, la formula del doppio regista con due centrocampisti di palleggio (Jorginho e Verratti), le frecce Spinazzola e Chiesa. Gli riusciva tutto, baciato dalla genialità del visionario e dalla competenza tecnica specifi ca. Quel tocco magico di Wembley, dopo l’estate 2021, sarebbe evaporato. L’idea che quel tipo di gioco, distante dal modello tradizionale dell’Italia (fisicità e contropiede manovrato), potesse resistere ed essere riproposto era venuto meno anche per l’addio di Chiellini e il declino di Bonucci, i due professori della difesa. Una coppia di quel livello era stata decisiva per proiettare la Nazionale oltre le colonne d’Ercole, resistendo alla Spagna nella semifinale dell’Europeo e replicando il successo ai rigori con l’Inghilterra nel catino di Wembley, dove Spalletti (se verrà scelto) si presenterà il 17 ottobre per la sfida di ritorno nel girone di qualificazione verso Germania 2024. E allora del Mancio conserveremo l’immagine più bella e struggente, l’abbraccio in lacrime a Luca Vialli, sullo stesso prato due anni fa.


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