Il medico ha poi riavvolto il nastro tornando a quell'operazione e al tragico epilogo della vicenda. "La necessità dell'intervento era indiscutibile. In ogni caso, mi pento della triste frase che ho detto. Ho già chiesto scusa e continuerò a farlo. Il cuore di Diego era ingrossato, sfinito. Per quanto riguarda il ricovero domiciliare, è stato elaborato dall'assistenza sociale e regolato dalla legge. Non ho mai avuto il potere di controllarlo. Ho visto infermieri e medici e non mi hanno segnalato nulla. Avevano l'ordine di non parlare con noi. Ho vissuto situazioni umilianti, parlato con persone che non avrei neanche mai voluto vedere o conoscere, ma ho voluto aiutare Diego. Mi è sembrato un uomo molto solo. Vorrei che prendessero i cellulari di tutti come fatto con il mio. Sono orgoglioso di quello che ho fatto, non mi sono mai staccato da Diego e ho sempre cercato di aiutarlo. Non ho paura di andare in prigione né ci penso. Il futuro è incerto, non so cosa succederà, ma sembra che il principio di innocenza non esista più. Mi rattristo quando dicono che ho ucciso Diego".
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