Serie A: "Ripresa? Test sierologici e tamponi a tappeto, modello sicurezza anti-quarantena"

L’incognita della ripartenza nell’analisi scientifica del virologo Andreoni, docente a Tor Vergata
11 marzo 2020 - Ultimo allenamento della Roma prima della gara contro il Siviglia. Anzi, l'ultimo allenamento della Roma. Dopo la seduta la Roma comunica ai giocatori che non partiranno per la trasferta degli ottavi di finale di Europa League. Il Coronavirus è arrivato in Europa e ha bloccato i voli tra Spagna e Italia. Da lì a pochi giorni verrà fermato completamente il calcio, e non solo.© LAPRESSE
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Protocollo sanitario per la ripresa degli allenamenti e per la ripresa del campionato. I test sierologici sarebbero preferiti ai tamponi. E fin qui tutto ok. Poi: il tampone sarà fatto solo nei casi sospetti. Di fatto ci si sottoporrà al test molecolare solo in presenza di anticorpi (quindi persone che hanno già contratto il virus). E lo si farà per capire se sono ancora positivi. Inoltre, quando i giocatori arriveranno nei vari centri per le visite dovranno essere muniti di una autocertificazione dove specificano se hanno avuto sintomi o se sono stati a contatto con persone che li hanno avuti. Ma se un giocatore risultasse positivo? Di fatto sarà trattato come un infortunato e verrà isolato dal gruppo. Il Coni però vorrebbe rispettare le regole del Governo, con 14 giorni di quarantena per tutti, compreso chi ha avuto i contatti con l’eventuale positivo. Come da decreto. La Lega, invece, ha proposto uno stop di 5-7 giorni e l’isolamento solo per chi coinvolto. Attenzione, si dovesse applicare il decreto, i 14 giorni di quarantena riguarderebbero oltre alla squadra di appartenenza, anche l’ultima avversaria e quella contro cui ha giocato il giocatore positivo se lo stato di infetto è riscontrato dopo una partita. Risultato: due squadre in quarantena, forse tre, i presenti alla partita, i vari operatori e gli arbitri...

Ma esiste un altro modo, scientifico, per garantire la salute senza la spada di Damocle della quarantena?

«È solo un problema di test, occorre pianificare una batteria periodica di tamponi a cui sottoporre i giocatori – dice Massimo Andreoni, docente di malattie infettive all’università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive (SIMIT) -. Una proposta fattibile e scientifica per riaprire il campionato in sicurezza per me è la seguente: test sierologici e tamponi prima di ripartire, tamponi prima di ogni partita e quarantena solo per i casi positivi, tenendo ovviamente tutti gli altri sotto stretto controllo medico per quanto riguarda sintomi di base: temperatura, tosse, raffreddore, cefalea, nausea, disturbi di olfatto e gusto. Lo staff sanitario della squadra dovrà tenere un diario clinico di ognuno, anche degli stessi sanitari e di chi lavora a contatto con la squadra. E quanto propongo non riguarda solo il mondo del calcio ma anche tutte le attività che impiegano più persone e che riaprono nella fase 2. Se c’è un operaio positivo in fabbrica che cosa accade? Si richiude la fabbrica per 14 giorni? O si trova un protocollo di sicurezza che però non porti a una fase 2 a singhiozzo».

Quindi è una proposta per una riapertura delle attività in sicurezza ma senza il rischio di stop continui di massa?

«Certo. Tenendo conto anche di differenze fondamentali tra le varie attività che ripartono: per esempio in fabbrica si avrà la mascherina e si rispetterà il distanziamento di sicurezza, nel calcio giocando una partita tutto ciò è impossibile. Ma mentre i calciatori potrebbero stare in un ritiro controllato che potrebbe garantire una limitazione dei contagi, i lavoratori di una fabbrica ogni giorno vanno e vengono da casa e incontrano familiari e altri nei mezzi di trasporto. Variabili da considerare».

In sintesi, che cosa accadrebbe quando un calciatore risultasse positivo dopo una partita? Quando si ipotizza una contaminazione?

«Isolamento per il positivo, tamponi e controllo attivo nei giorni successivi per tutti gli altri senza bisogno di isolarli. Se compaiono sintomi in qualcuno nuovi tamponi prima della partita successiva e controllare se c’è qualcuno infettato che è asintomatico. E questo non solo per il calcio ma anche nelle altre attività produttive. Gli asintomatici vanno intercettati e messi in quarantena».

Ma quanti giorni di controlli medici, di diario clinico dei negativi ma che hanno giocato con un risultato positivo?

«Basterebbe una settimana, ma due settimane è meglio. Eppoi perché non mantenere questo controllo attivo per tutto il periodo della coda del campionato, se non per tutto il tempo dell’emergenza Covid-19. In fine dei conti, avere il diario medico di ogni calciatore non è complicato e porta al 99% il controllo della situazione (in medicina il 100% non esiste) senza dover far scattare la quarantena per tutti. Ripeto: controlli semplici, temperatura corporea e comparsa di sintomi. L’importante è monitorare anche tutte le persone che gravitano attorno alla squadra, dagli operatori sanitari ai magazzinieri" [...]

Leggi l'intervista completa nell'edizione odierna del Corriere dello Sport - Stadio


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