La guardia diventa ladro e il ladro guardia

Leggi il commento del Direttore del Corriere dello Sport-Stadio
Ivan Zazzaroni
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Onorando la battuta di Allegri, ieri la guardia è diventata ladro e il ladro è retrocesso temporaneamente a guardia e, insomma, anche dopo Lecce la corsa scudetto conserva la sua bella vivacità, pur se le parti si sono invertite per l’assenza dell’ex ladro che adesso è guardia e prima di mettersi a rincorrere il fuggitivo deve risolvere una questioncina a Riyad.  
Preso un bel respiro, proseguo. Per la Juve la vittoria di Lecce è risultata abbastanza faticosa: merito soprattutto della squadra di D’Aversa che in casa è capace di mettere in difficoltà avversari più dotati e per oltre un’ora non si è limitata a resistere. 
Devo dire che il ruolo del ladro gentiluomo si addice particolarmente al rapinoso Vlahovic che ha segnato il gol del vantaggio e “rubato” a McKennie quello del raddoppio: tutto fa brodo e morale per il finalizzatore serbo, sempre più sereno e decisivo (ma la sua astinenza non era colpa del non-gioco?). 
Insieme a Dusan è cresciuto parecchio Miretti, tra i migliori (opinione personale) per presenza nelle azioni più importanti, in entrambe le fasi, e strappi: ha sbagliato solo un paio di scelte. 
Miretti è un po’ l’immagine della Juve di Allegri, una squadra dall’identità sempre più definita e chiara.  
La differenza più evidente tra la Juve e l’Inter? L’Inter gioca a calcio, la Juve lavora. È questa l’impressione che ricavo spesso, assistendo alle partite delle prime due in classifica. Alla circolarità dell’azione di Calhanoglu, Mkhitaryan e Barella la Juve contrappone l’impegno e la determinazione di Locatelli, Miretti e McKennie. E, quando è in campo, la qualità e l’impronta di Rabiot. Anche nella ricerca della verticalità l’Inter sembra più facilitata e non solo dalle caratteristiche dei vari Dumfries, Dimarco, Darmian e Carlos Augusto: tutto le riesce più semplice, naturale. La fatica, la garra, per non dire la concentrazione, è invece l’elemento distintivo della squadra di Allegri. 
In sostanza l’ultima Inter sembra non avere neppure un baricentro (tanto è perfetta e duttile), punto d’equilibrio costantemente rinnovato sul quale invece Max poggia tutta la manovra. 


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