Juve-Inter, la psicosi dell’asterisco

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Ivan Zazzaroni
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Dalla Treccani: “Asterisco: segno grafico a forma di stelletta”. Quella stelletta l’Inter vuole trasformarla in stella, la seconda della sua storia, e come darle torto? Il fatto è che di recente i nerazzurri sono passati da un altro antipatico asterisco, ovvero una partita di ritardo nel bel mezzo della corsa al titolo, e in quell’occasione andò male-male: il recupero col Bologna, a fine aprile di due anni fa, si rivelò sportivamente tragico per via di una papera del povero Radu (il vice di Handanovic), la cui carriera è stata in parte segnata proprio dall’episodio del Dall’Ara. Il rischio della psicosi è concreto. Perché è stata la Supercoppa (vinta) a Riyad a mettere di nuovo l’Inter nella condizione di inseguitrice e la Juve, madre di tutti i cinismi calcistici, ne ha approfittato, compiendo il sorpasso con la vittoria di Lecce. Adesso a Torino sperano addirittura nell’allungo aritmetico. L’assurdo regolamento del torneo “arabo” ha poi penalizzato ulteriormente la squadra di Inzaghi, che a Calhanoglu, assente per squalifica nella trasferta di domenica sera a Firenze, ha aggiunto Barella: col giallo by Rapuano nella finale col Napoli Nicolò ha fatto cumulo e rimediato l’esclusione al Franchi. Psicosi a parte, continuo a ritenere l’Inter più forte e attrezzata della Juve; Juve che, attraverso il lavoro di Allegri, ha però acquisito una solidità impressionante, e non mi riferisco soltanto a quella difensiva. Vincere l’ha aiutata a rivincere e crescere. In questi mesi sono perfino giunto a una conclusione: i valori tecnici più elevati della squadra di Max – oltre a Szczesny, Rabiot e Vlahovic come finalizzatore – sono Cambiaso, Yildiz e Fagioli. Quest’ultimo si è però giocato in tutti i sensi la stagione e deve ringraziare la Federazione, che ha deciso di recuperarlo insieme a Tonali, se da settimane vive la stessa condizione di un calciatore alle prese con la rottura del crociato.

Le dimissioni di Boban dall’Uefa sono una sconfitta di tutto il calcio

Le dimissioni di Zvonimir Boban sono una bruttissima notizia per il mondo del calcio. E per l'Uefa l’ufficializzazione di una sconfitta di immagine e sostanza. Dopo essere stato a lungo tra i collaboratori più stretti di Aleksander Ceferin – lo ricordo al suo fianco nella lotta alla Superlega – Zvone si è accorto delle disfunzioni (eufemismo) dell’istituzione europea e ha provato a ostacolare la proposta di modifica dello statuto grazie alla quale lo stesso Ceferin potrebbe candidarsi al termine di questo mandato, che avrebbe dovuto essere l’ultimo. «Non c’è nessun problema legale, né tantomeno etico morale» è stata la risposta di Ceferin, il quale ha aggiunto che avrebbe perseguito la propria aspirazione. “Paradossalmente - scrive Boban nella lettera d’addio - nel 2017 era stato proprio Ceferin a proporre e avviare un pacchetto di riforme che negavano tale possibilità: regole che dovevano proteggere l’Uefa e il calcio europeo dalla “bad governance” che è stata per anni il modus operandi di tutto il vecchio sistema”. “Il distacco da quei valori - conclude - è incomprensibile, soprattutto in questo momento. Capisco bene che nulla è ideale, tantomeno io, e so bene che bisogna accettare la logica del compromesso, ma di fronte a questo fatto, se lo accettassi, andrei contro i principi e i valori comuni in cui credo fermamente. E non faccio il fenomeno, perché di certo non sono l’unico a pensarla così”. Del resto un fallimento dignitoso è più nobile di un successo arrogante (cit.).


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