Bologna, Calafiori: "Totti dopo l'infortunio mi fece sorridere: ecco cosa mi ha detto"

"Il grave incidente mi ha reso più forte. Mai pensato di smettere, però non era scontato"
Bologna, Calafiori: "Totti dopo l'infortunio mi fece sorridere: ecco cosa mi ha detto"© FOTO SCHICCHI
Giorgio Burreddu e Dario Cervellati
13 min

Visto che c’eravamo, abbiamo constatato live se effettivamente questo Riccardo Calafiori delle meraviglie è proprio così «bello» come dice Thiago Motta. Lui sorride, sta al gioco. «Il mister l’ho sentito anche io, mi hanno girato quel video venti volte. Bello o no, a me interessa solo il campo». Un po’ rocker, un po’ icona da boy band, questo Calafiori è l’essenza del lavoro. L’ha capito con le difficoltà e la fatica. Sulla mano si è inciso il suo credo: «C’è scritto: “Fai sempre caso alla bellezza collaterale”. Vuol dire che dalle cose brutte che ti capitano c’è sempre una parte positiva che puoi prendere. Quando faccio i tatuaggi è per un momento specifico. Questo l’ho fatto a Basilea. Avevo ritrovato continuità. Avevo riscoperto quanto potevo essere forte e quanto è divertente giocare». Cresciuto nella Roma, esploso nel Bologna, domenica va in scena la sua gara. Calafiori prova ad abbassare i toni. «Emotivamente è una partita importante, ma è come le altre. Certo sono contento di vedere anche molti dei miei ex compagni».

È la prima volta contro la Roma?
«Se gioco sì. Non si sa mai. Sono stato in panchina quando ero nel Genoa».

A Bologna come si vive una settimana come questa?
«È una settimana importantissima, che arriva dopo una vittoria altrettanto importante. Ci fa un po’ sognare. Siamo lì. Con questa settimana, ma poi anche con le prossime, inizia una serie di gare che contano».

Quanto è sogno e quanto realtà?
«Non è che ci poniamo obiettivi alla lunga. Guardiamo partita per partita. Questa con la Roma è fondamentale perché, per forza di cose, è uno scontro diretto».

La Roma, poi, è la sua prima vita.
«Non rinnego il passato, ma la devo preparare come una partita come le altre».

Perché dalla Roma escono tutti questi giocatori forti?
«Negli ultimi vent’anni anni il settore giovanile della Roma, insieme a quello dell’Atalanta, ha sfornato più talenti degli altri. Si lavora bene. Fino alla prima squadra si arriva in tanti, dopo diventa tutto più complicato. E poi Roma è una città grande, c’è un bacino d’utenza più ampio».

Lei è nato sotto il segno di Totti?
«Sì, era capitano quando io andavo a vedere le partite. Quando sono arrivato in prima squadra non c’era più. L’anno prima, che ero infortunato, facevo terapia in prima squadra e lui era dirigente. Qualche battuta, ma nulla di più».

Per esempio?
«Una volta mi prese in giro perché dopo l'infortunio, stando dieci giorni in ospedale, avevo perso tanti chili e si vedeva. Anche sulle gambe. Francesco mi disse che sembravo un granchio. La cosa mi aveva fatto ridere».

Quell’infortunio, da molto giovane, in cosa l’ha cambiata?
«Mi ha cambiato in tutto, e penso che senza quello non sarei diventato così forte».

Aveva pensato di smettere?
«Io no, però dalla situazione non sembrava così scontato tornare a giocare. Invece è andato tutto liscio».

Lei crede nel destino o nel lavoro?
«Nel lavoro. Se non smetti mai di lavorare, magari più avanti ma alla fine otterrai ciò che vuoi».

Chi la elogia adesso ha dimenticato com’era prima dell’infortunio...
«Sono anche tre anni più grande. Però io lo sapevo. Comunque avevo diciotto anni, e a Roma non era così facile uscire fuori. E poi andare via non è stata una scelta solo mia. Mi ha fatto crescere come persona, fuori da casa, sai, si cresce in tutto. E poi la continuità. Quella che non potevo avere lì».

C’è rimasto male?
«Magari sul momento. Perché dopo undici anni di settore giovanile esordisco in prima squadra, faccio gol... Era tutto perfetto. Tornassi indietro però rifarei tutto».

A Bologna invece cosa stai trovando?
«Tranquillità, serenità, continuità. Una squadra, un gruppo fantastico. Un allenatore. Stiamo andando benissimo e anche personalmente mi trovo così».

Motta in questo che meriti ha?
«Il grande merito è suo. Sì, è vero, avevo fatto il centrale in un modulo a tre in Svizzera. E comunque il livello svizzero non è uguale a quello della Serie A. Dopo ho risposto bene».

Bisogna saper sfruttare l’occasione, è così?
«Ho imparato che la cosa più importante è essere sempre pronti. Non conta fare una partita benissimo. Bisogna essere continui, lavorare, dare il cento per cento. Questo conta».

Con lei hanno sfruttato l’occasione anche Di Vaio e Sartori.
«Sono stati bravi perché non c’era la necessità enorme di prendere un giocatore nel mio ruolo. Penso che in fondo li sto ripagando bene, e sicuramente questa cosa del doppio ruolo mi ha aiutato molto a venire qui. Sarebbe stato più difficile».

Che mentalità ha trovato a Bologna, vincente?
«Non penso sia cambiata. La mentalità è frutto del lavoro. Motta è al secondo anno, è normale che i giocatori capiscano di più. Poi se fai buoni risultati vuoi continuare quella scia di risultati».

Quindi si può parlare di Europa?
«A settembre non è che si siamo detti: “Quest'anno andiamo in Europa”. Però adesso siamo lì, quindi perché dobbiamo scendere? Cerchiamo di rimanere dove siamo, non è il nostro obiettivo ma ancora meglio se riusciamo ad arrivarci».

Quale Europa?
«Dipende da noi, ma tanto anche dalle altre comunque. Vuol dire che una big dovrà stare fuori».

Pensa che la dimensione del Bologna sia questa?
«Sarà sempre più difficile rimanere lì. Ci sono sempre state diverse buone partenze ma poi magari si tende a scendere di classifica. Noi siamo pienamente coscienti della nostra forza. Dipende solo da noi. Veramente».

Qualche punto in meno l’avete?
«Qualche punto in più ce lo meritavamo».

E gli arbitri, le loro scelte vi hanno turbato?
«Dà sempre fastidio perché magari c'è quell'episodio che ti cambia la partita, purtroppo».

Dopo la Roma ci sono altre gare che pesano: Atalanta e Inter in Coppa.
«Le reputo uno step importante per noi. Contro l’Inter sarà dura perché arriva tre giorni dopo la Roma e dopo tre ci sarà l’Atalanta. Ma dobbiamo provare a sfruttare le occasioni».

Saputo come vive questo momento?
«Bene. Ci dà energia, carica. Lui è come lo hanno raccontato tutti: colazione con noi, momenti con noi. La mattina viene qui e fa palestra prima di noi. Saluta tutti. Fantastico».

Questo Bologna perché fatica a chiudere le partite e rischia di subire nel finale?
«A Salerno, insieme ai miei compagni di reparto, avevamo percepito questa cosa già dopo dieci minuti del secondo tempo. Infatti cercavo di richiamare l'attenzione perché purtroppo se non chiudi le partite poi basta un gol, un momento sbagliato, che loro si gasano e diventa difficile».

E allora?
«Se vogliamo rimanere in quella zona lì, chiudere le partite è uno step in più da fare. Sono sicuro che riusciremo a farlo».

Si può davvero migliorare questa cosa del gol?
«Per me è stata sfortuna: a Lecce e a Salerno abbiamo avuto occasioni nitide. Magari entreranno tre gol nelle prossime tre partite».

Sicuramente ve la giocate con tutte le squadre.
«Assolutamente, ma soprattutto a Lecce e anche a Salerno io ho avuto proprio il pensiero: “Cavolo, come stiamo giocando, che partita stiamo facendo”. Non so se un’altra big a Salerno fa una partita del genere».

Le delusioni come quella di Lecce servono?
«Ne avrei fatto a meno. Prima della partita volevamo vincere. Non ci siamo riusciti. A Salerno questo ci ha dato una carica in più. Noi cresciamo di partita in partita come personalità e anche gestione della palla».

Domenica mancheranno Dybala e Lukaku. È una Roma più facile da battere?
«Sono assenze importanti, non possiamo negarlo. A me non cambia nulla. Certo, giocare contro Lukaku è un’altra cosa. Cambia proprio la partita. Però se la Roma è lì, come noi, ha una squadra importante, è una big del campionato. Dovremo avere tanta pazienza».

C’è qualcuno dei compagni che l’ha colpita?
«Non dico cose nuove: Zirkzee. Come qualità e come potenziale, è un giocatore incredibile. Se migliora due o tre cose...».

Lei ha avuto Motta e Mou. In cosa proprio non si assomigliano?
«Non lo so, sono diversi. Ti danno cose diverse ma cose molto importanti. Motta mi dà tranquillità, ma allo stesso tempo non sto mai in punta di piedi. Mi fa capire che se sbaglio allenamenti non è detto che gioco la domenica».

Mou quanto è stato importante per lei?
«A livello di carisma. Lui è molto forte. Mi ha fatto migliorare dal punto di vista mentale. Anche lui è stato fondamentale. L’anno scorso spesso mi scriveva dopo le partite. Anche a Basilea».

Quindi c’è un grande rapporto.
«È obiettivo. Riconosce se fai bene o sei fai male, non ha paura a dirtelo in faccia».

Mou è la Roma?
«Non mi ricordo stadi così pieni anche con partite di basso livello. Quindi un merito ce l'ha sicuramente anche lui».

Motta le dà anche concetti nuovi?
«Non è stato facile, ma ho cercato subito di capire quale fosse la sua idea di gioco. Mi sono impegnato perché per me era troppo importante trovare continuità e far vedere a tutti che anche in serie A potevo far bene».

Terzino o centrale, lei cosa preferisce?
«Sono due ruoli diversi. Quello che sto facendo da centrale non è una cosa da niente. Va bene tutto. Basta che giochi».

Il passaggio da terzino a centrale è stata una scelta di Motta o una necessità?
«Appena arrivato mi ha detto che mi vedeva tranquillamente anche come centrale. A me andava bene».

Che benefici le ha dato giocare esterno?
«Fisicamente di sicuro. Perché la stanchezza di quando si gioca da esterni è diversa. Sono molto più lucido fino al novantesimo. Sono due fatiche diverse».

Domenica probabilmente ci sarà Spalletti in tribuna.
«Non lo sapevo. Non penso all’esterno, penso al campo».

Però lei è uno dei profili più forti e osservati del calcio italiano. La sua idea è arrivare in Nazionale?
«Certo, l’idea mia è quella».

L’Europeo, per lei, è alla portata?
«Non lo so, bisogna vedere se mi chiamano. Adesso penso a giocare bene, continuare su questo livello non sarà facile. Il resto sarà una conseguenza. La chiamata spero arrivi, ma io devo lavorare sempre al massimo».

Dunque, in definitiva, per Cala è più difficile essere bello o essere bravo?
«Quello non mi interessa, mi interessa dare tutto dentro al campo».


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