Juve, l’incompiuto e il predestinato

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Juve, l’incompiuto e il predestinato© Getty Images
Alessandro Barbano
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Una sola volta sono Vlahovic e Chiesa. Una sola volta, a tre quarti di gara, fanno ciò che Allegri dalla panchina disperatamente invoca, sbracciandosi dal primo minuto. Per il resto sono solo egoismo ed errori. Due campioni, un disastro offensivo. Poi entra Milik, e finalmente accade quello che fa della Juve una squadra capace di condannare chi sbaglia. L’Empoli sbaglia, allungandosi in avanti nel tentativo di pareggiare, e il polacco inventa il corridoio per lanciare Federico. Che stavolta ci crede. Due a zero e la solita Juve. Diligente e furba quanto il suo capitano coraggioso, Danilo, che la porta in vantaggio. Discontinua quanto il suo centrocampo fantasma, che ora domina, ora cede, ora dialoga, ora si dimena in un confuso autismo tattico, ora chiude tutti i varchi, ora si apre come burro alle incursioni di un generoso ma modesto Empoli. Locatelli, Miretti, McKennie e Rabiot fanno un’incognita permanente, dimostrando che il cantiere aperto da Allegri è ancora una costruzione incompiuta.

Juve, dove può arrivare

Dove può arrivare questa Juve? Dipende da alcune variabili. La prima delle quali è proprio la mediana. Se Pogba dovesse miracolosamente recuperare la condizione atletica di un calciatore, sarebbe un’altra musica. Per ora il francese ha trenta minuti di passeggio nelle gambe, può ancora palleggiare e frustare la palla come pochi al mondo sanno fare, ma non può prendere sulle spalle una squadra alla disperata ricerca di una leadership. Oltretutto ieri sera, dopo qualche lampo, ha avvertito di nuovo un fastidio muscolare. La seconda incognita è l’attacco. Vlahovic è un campione dimezzato. Ha il fisico, la voglia, il senso del gol. Manca del tutto di intuito tattico e difetta di tecnica individuale in una misura inaccettabile per un centravanti di vertice. Chiesa è sempre lì lì per sbocciare. Se il bel gol di ieri in volata fosse la chiave che chiude per sempre la lunga convalescenza dei suoi due infortuni, la Juve avrebbe negli ultimi trentacinque metri il dinamismo, la fantasia, il coraggio che fin qui le sono mancati. Milik e Kean sono due ottimi rincalzi, ma non fanno da soli i gol di uno scudetto. Dietro gira meglio, anche se qualche ruvidezza di Bremer va messa a confronto con attacchi più robusti di quello a disposizione di Zanetti. Di cui deve dirsi tutto il bene possibile. Poiché il suo 4-3-1-2 è ficcante, dinamico, in grado di giocare tra le linee e confondere l’avversario con continui cambi di posizione, anche se davanti manca del tutto di finalizzazione.

Baldanzi, il predestinato

La fiducia accordata ai giovani fa di questa provinciale un esempio da imitare: il gioiellino Tommaso Baldanzi è già il centrocampista che farebbe felice molte squadre di vertice e, chissà, la stessa Nazionale di Spalletti. Ha tecnica, carattere e visione. In Spagna coetanei come Gavi e Pedri hanno già giocato e vinto tutto il vincibile. Sarebbe ora di dare fiducia anche ai nostri talenti migliori. Questo ragazzo è un predestinato.


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