Juve, una signora outsider

I bianconeri che per la prima volta non hanno fatto mercato in entrata, ma che non giocheranno le coppe, possono essere da scudetto? Proviamo a rispondere
Ivan Zazzaroni
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La classifica è alta; il profilo, basso. Pochissimi i soldi, ininfluente il mercato in entrata, infinita la serie delle uscite e assenti le coppe: la Juve dei commercialisti - così è stata ribattezzata - e del primo Giuntoli (con Manna) ha tagliato in tutti i sensi, e obbligatoriamente, col passato, in particolare con la sua contraddittoria, ancorché stravincente, storia recente. Il campionato e i media le assegnano perciò un ruolo quasi secondario: occupa, per ora, meno spazio sui giornali e nei programmi televisivi, si parla di un calo del 20 per cento in termini di attenzione. Il punto è che non ha effettuato l’acquisto “forte”: avrebbe dovuto essere Lukaku oppure, una volta ricevuto il no definitivo per Vlahovic, Domenico Berardi. Entrambi in grado di spostare gli equilibri del torneo.

La Juve si è così limitata a Weah, al rientro di Cambiaso e al giovane Facundo, prestato alla Samp. E ha mollato - tra cessioni, prestiti e se ne vada fuori dalle balle - Kulusevski, Zakaria, Dragusin, Arthur, Ranocchia, Di Maria, Cuadrado, Bonucci, Pjaca, Rovella, Pellegrini, De Winter, Soulé, Kaio Jorge, Aké, Frabotta, Barrenechea e Paredes. Ha insomma ridotto notevolmente il monte stipendi. L’obiettivo del club è infatti il raggiungimento del punto d’equilibrio nella stagione 24/25 (ovviamente sui conti attuali pesa in modo sensibile l’assenza dalla Champions). Ma quanto vale realmente la Juve low profile, o economy run, che - per dirne una - ricorre di nuovo a McKennie?, e a quale obiettivo può e deve puntare?

Il realista Allegri parla di quarto posto, dell’obbligo di partecipare alla prima edizione della Superchampions, che garantisce un incremento del 30% sui premi. Non si spinge oltre: non racconta favole. La conquista di 7 punti su 9 gli ha consentito di arrivare indenne al traguardo della prima sosta (c’è addirittura chi ha parlato di miglioramento del gioco, grazie alla presenza nello staff del povero Magnanelli, che per 48 ore ha vissuto nell’imbarazzo più totale).
Potete stare certi, tuttavia, che non appena la Juve conoscerà una battuta d’arresto - fisiologica - Allegri tornerà a essere - per i filosofi - l’allenatore che non ha gioco e non s’è aggiornato poiché è rimasto alle maglie dall’1 all’11 e al pallone di cuoio cucito a mano. Cazzate, come direbbe Adl.

Ciò che la società ha voluto tenere nascosta per tutta l’estate è la vera ragione per cui ha tentato per mesi di sostituire Vlahovic con Lukaku. Non erano solo motivi tattici (Romelu è un vecchio pallino di Allegri): dietro all’operazione sfumata si celavano importanti motivazioni di carattere finanziario. Dalla prossima stagione il centravanti serbo peserà sui conti per oltre 20 milioni lordi di solo ingaggio.

Si è inoltre scoperto che nei piani di Agnelli, Arrivabene e Cherubini, il management azzerato, Dusan, costato 80 milioni (70 alla Fiorentina, più 5 di bonus garantiti e altrettanti di bonus facili), era destinato alla cessione dopo il secondo anno al fine di portare al club tra i 120 e i 140 milioni. Purtroppo la pubalgia e le evidenti difficoltà di natura tecnico-tattica non gli hanno permesso di segnare una ventina di gol a campionato, traguardo alla sua portata: non a caso è uscito temporaneamente dall’orbita internazionale al punto che nessun club si è mosso per acquistarlo nemmeno a un prezzo accettabile. Fatte tutte le considerazioni possibili su qualità individuali, completezza e reali potenzialità dell’organico, riduzione degli impegni e altro ancora, la Juve risulta due spanne sotto Napoli, Inter e Milan, se la gioca invece con Lazio, Atalanta, Roma (a infermieria svuotata) e Fiorentina. Cinque per un posto, il quarto. Certo, ogni sfida ha i suoi costi: le necessità finanziarie generano sempre semplificazioni drastiche. Soprattutto se ci si chiama Juve e si era abituati a ben altro.


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