Sarri, serve un tocco di fantasia

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Fabrizio Patania
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Il tocco magico di Luis Alberto e una corsa in più possono portare la Lazio fuori dalla crisi nella notte più complicata della gestione Sarri, protetto dalla società (come era giusto e doveroso) e dallo spogliatoio, perché fatichiamo a individuare il nome di un giocatore, tra nuovi acquisti e vecchia guardia, che possa non essere dalla parte dell’allenatore. I malumori, se non diventassero solo alibi, risalgono all’estate e chiamano in causa i tempi biblici di Lotito, i ritardi di programmazione, le promesse non mantenute. I rinnovi erano stati bloccati ben prima del crollo (ingiustificabile) di Salerno, per essere precisi il gruppo del secondo posto doveva essere messo in sicurezza a luglio e invece solo il caso di Luis Alberto è stato risolto perché, ogni tanto, anche a Formello sono costretti a inchinarsi alle dinamiche calcistiche di qualsiasi club desideroso di competere in Champions e di riconoscere il merito sportivo, come ama ricordare lo stesso presidente. Ecco il paradosso: la Lazio sfigurata dell’Arechi stasera avrebbe la possibilità di qualificarsi con un turno d’anticipo agli ottavi Champions se piegasse il Celtic e se l’Atletico di Simeone, vecchio amico, riuscisse a vincere a Rotterdam, facendo fuori il Feyenoord. Qualsiasi altra combinazione consegnerebbe Sarri a una probabile eliminazione nella roulette del Wanda Metropolitano il 13 dicembre. Non è scontato battere il Celtic, considerando l’emergenza. Serviranno il ruggito dell’Olimpico, le giocate dei protagonisti più attesi (Felipe dove sei?) e un sussulto d’orgoglio, perché una corsa in più se giochi in Champions viene naturale e pesa sul risultato. Quel tipo di clima meno entusiasta nello spogliatoio contribuisce a spiegare gli alti e bassi di rendimento o le cadute rovinose in Serie A.

Lazio, la ripartenza passa dalla fantasia di Luis Alberto 

Il movimento, inteso come capacità di smarcarsi, è alla base di ogni ragionamento di Sarri. Non crede a eventuali cambi di modulo. Non ritiene di avere centrocampisti veloci per coprire le fasce con il 4-3-1-2, vuole tutelare Zaccagni (l’esterno più forte in rosa, non ancora blindato) e l’idea del 4-2-3-1, in quanto difensiva, non lo convince. Il calcio moderno, tranne rare eccezioni, non è più “posizionale”, come spiegano a Coverciano. Neppure Allegri, trovato l’equilibrio, varia più il disegno della Juve. La Lazio degli ultimi otto anni, passando dal 3-5-2 di Inzaghi al 4-3-3 di Sarri, ha costruito i suoi successi sul triangolo magico allestito da Luis Alberto, Milinkovic e Immobile. Un centravanti da 200 gol, abilissimo in profondità, con due numeri 10 a lanciarlo verso la rete come una fionda. Oggi mancano rifornimenti per vie centrali e basta raddoppiare Felipe e Zaccagni per fermare la Lazio negli ultimi 30 metri: su questo deve lavorare Mau, che avrebbe bisogno di una novità o di una sorpresa per riaccendere il motore. Che la sua squadra non riesca più a tirare e creare occasioni non è un discorso da bar. Certo la narrazione che proietta le immagini del Napoli a Formello è un falso storico. Sarri ha vinto in modo diverso con Juve e Chelsea, a Roma non ha mai avuto Higuain, Insigne e Callejon (bravissimo in profondità) e un incursore come Hamsik. La Lazio, cedendo Milinkovic, ha conservato un centrocampo statico e senza uno scattista. Sarebbe stato perfetto Frattesi o bisognava prendere Berardi per migliorare l’attacco, ma Lotito ha investito 36 milioni su Castellanos e Isaksen. Futuro, non presente, rinviando di nuovo il salto di qualità. Eppure la difesa di Sarri, imbattuta per 21 partite su 38 in Serie A, lo aveva portato al secondo posto. Ora è più complicato ripartire. Mau non si vuole dimettere. La Lazio, sul campo, ha solo bisogno di tornare a correre e smarcarsi, magari riscoprendo la fantasia di Luis Alberto. I colpi dei fuoriclasse risolvono più di qualsiasi modulo. Quelli sul mercato evitano le crisi.


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