Serve un patto di stabilità. Senza l’aumento di capitale, mai considerato da Lotito in ventuno anni di gestione e ancora meno nell’estate del blocco del mercato, perché l’indice di liquidità andrà in pensione a gennaio, resta il tempo come unico alleato della Lazio. La cura dimagrante impone il taglio degli esuberi, eliminando stipendi inutili, e una rosa ridotta. Sarri, guarda caso, è abituato a lavorare con un gruppo limitato di titolari. C’è solo il campionato. Un vantaggio in ottica costi. Tutto torna riavvolgendo il nastro degli ultimi mesi, forse non c’è da essere sorpresi, compresi gli acquisti di Belahyane e Provstgaard. Ora non sarebbe stato possibile prenderli.
Lazio, un cammino in discesa
L’obiettivo della Lazio: abbassare il monte ingaggi per rientrare nel rapporto dell’80 per cento tra il “costo allargato del lavoro” (comprese commissioni e quota ammortamenti) e ricavi. Occhio alla discesa del fatturato senza Europa: due anni fa 173,6 milioni con la Champions, nel 2023 erano 128. Nel 2024/25, la stagione di Baroni, il costo degli stipendi era sceso a circa 96-97 milioni: l’addio di Felipe, Immobile e Luis Alberto aveva inciso in maniera significativa, ma il viaggio sino ai quarti di Europa League ha permesso di incassare circa 30 milioni, botteghino dell’Olimpico compreso. Ora si tratta di “tagliare” per riacquistare operatività nel 2026, il quantum forse lo conoscono a Formello.
Lazio, il patto di stabilità
Se Lotito e Fabiani centreranno la missione entro il 30 settembre, quando scatterà il prossimo esame dei conti, lo sblocco del mercato diventerà automatico a gennaio. Altrimenti avanti adagio e via alle operazioni “saldo zero” (uno esce, uno entra) nella finestra invernale. La Lazio confida di ricevere l’ok entro il 30 novembre dall’Authority governativa che sostituirà la Covisoc. In ogni caso, con i nuovi parametri Uefa, si potrà tornare a investire. Trovare un nuovo sponsor servirebbe, ora più che mai, per aumentare i ricavi. Un altro potenziale pericolo da sventare: trattenere i giocatori più richiesti evitando i malumori. Il tema riguarda i top: Romagnoli, Gila, Guendouzi e Rovella in cima alla lista. Il ritorno di Sarri è una garanzia, ma oggi difficilmente Lotito potrà accontentarli ritoccando lo stipendio verso l’alto, se non invitandoli ad aspettare. Le promesse non onorate, come si sa, producono guasti. Serve un patto di stabilità con la squadra per tirare fuori il massimo sino a dicembre e poi ripartire con gli investimenti giusti. Il paradosso: presupposti di un nuovo ciclo, margine di errore ridottissimo.
Lazio, le scadenze di contratto
Fabiani non deroga dal piano triennale di cui ha sempre parlato. Tchaouna non ha funzionato a Roma, ma è stato ceduto al doppio della cifra impegnata l’estate scorsa. Gli ammortamenti degli “invendibili” ereditati dal passato (Basic, Fares, Kamenovic ancora sul groppone) hanno complicato la gestione più dei “pagherò” di Rovella, Pellegrini, Dia e Tavares. Oggi la Lazio ha sette giocatori in scadenza tra un anno e dieci sotto contratto sino al 2027. Sarri formerà il suo gruppo e capirà dove intervenire, indicando i rinforzi. Lotito non può alzare la posta, ma in autunno o all’inizio del nuovo anno potrà rinegoziare i rinnovi con decorrenza primo luglio 2026 per accontentare quei giocatori che meritano un adeguamento. Si liberano risorse, è necessario tornare in Europa. Strada in salita dentro una gestione lenta, spesso poco comprensibile per i tifosi. Dopo vent’anni di conti al centesimo, Lotito per la prima volta non può spendere. È una solida realtà.