Il Milan non c’è più: club sotto processo, tutti responsabili

Proprietà, dirigenza, tecnico e giocatori, ognuno ha le sue colpe: dalle tensioni interne, al mercato limitato fino alla mancanza di personalità del gruppo. Pioli sembra aver perso il controllo e senza Ibrahimovic manca la guida
Il Milan non c’è più: club sotto processo, tutti responsabili© LAPRESSE
Pietro Guadagno
7 min

MILANO - Il Milan dello scudetto non esiste più. E’ scomparso al minuto 87 della gara con la Roma. Il 2-0 conquistato con merito fino a quel momento permetteva ai rossoneri di restare a -5 dal Napoli, quindi in corsa per il tricolore. Il gol di Ibañez, invece, qualche istante dopo bissato da quello di Abraham, ha dato il via ad un vero e proprio tracollo. Il 2-2 con i giallorossi, insomma, è stato solo l’inizio della fine. Nello spazio di uno solo mese, infatti, il Diavolo è precipitato a -18 dai partenopei, è uscito dalla Coppa Italia, ha perso la Supercoppa contro l’Inter ed è in serie aperta di 4 sconfitte consecutive. 

Tutti colpevoli

Sarebbe riduttivo, però, limitare le responsabilità a Pioli e/o ai giocatori. La crisi, in realtà, è conseguenza di tanti fattori. Certe dinamiche interne, ad esempio, hanno prodotto tensioni i cui effetti stanno emergendo proprio adesso. Ma era solo questione di tempo perché venissero a galla. Per riprendersi, evidentemente, occorre ritrovare compattezza e unità d’intenti. E’ chissà che il momento nero non possa trasformarsi in un’opportunità per chiarimenti e scelte definitive, che a questo punto appaiono inevitabili. Ovvio che, dal tunnel (da capire quanto sarà ancora lungo…), uscirà un Milan diverso, probabilmente con alcuni volti nuovi. L’importante, però, è che si creino i presupposti perché certe situazioni non si ripetano più. 

Il Mondiale logora chi non lo vince

Redbird

Da questo punto di vista, anche la proprietà deve essere più presente. Perché Cardinale, dopo l’acquisto del club, è tutto tranne che un punto di riferimento per il club. A Riyad, quando c’era l’occasione di vincere il primo trofeo, non si è fatto vedere. Ma c’era Gordon Singer… Il suo tramite è il nuovo ad Furlani. Che non cancella, però, la sensazione di distacco e della mancanza di consapevolezza di quello che è davvero il Milan. E’ pensabile, infatti, che una squadra con questa storia e prestigio possa restare competitiva ad alto livello se i margini di manovra per il mercato sono puntualmente circoscritti (il budget per questa stagione era inferiore a quello dell’anno scorso) e ogni richiesta di eccezione viene regolarmente respinta (qualche spicciolo per un portiere a gennaio sarebbe servito)? Giusto fare attenzione ai conti e il Diavolo, da questo punto di vista, ha senza dubbio svoltato. Per andare oltre, però, serve anche altro. 

Inzaghi riparte, Pioli in tilt

Area tecnica

Il primo a non essere d’accordo con questo tipo di filosofia è proprio Maldini. E, infatti, le voci di tensioni con la proprietà si rincorrono con regolarità. Basti pensare alla questione del suo rinnovo dello scorso giugno… Arriva il momento in cui occorre fare di necessità virtù. Oppure decidere di farsi da parte. Ebbene, Maldini, assieme a Massara, ha scelto di insistere. A differenza dell’estate 2021, però, il mercato post scudetto si è rivelato un flop. A cominciare da De Ketelaere, per cui sono stati investiti ben 35 dei 50 milioni a disposizione per la campagna acquisti. Peraltro, quando le risorse scarseggiano, il player-trading diventa un percorso obbligato. Solo che il Milan fatica a vendere. Chi va via, quasi sempre, lo fa perché non rinnova il contratto, visto che, anche per gli ingaggi, ci sono altri paletti. Insomma, è complicato immaginare di proseguire in questo modo. 

Distacco

Anche perché l’unità che esisteva tra l’area tecnica e Pioli, nell’ultimo periodo, ha subito più di uno scossone. Massara e Maldini, infatti, non hanno gradito una così evidente bocciatura del mercato estivo. Invece, il tecnico sembra proprio non aver fiducia nei nuovi. E questa sua rigidità si è trasferita anche sul sistema di gioco. Il Milan dello scudetto, sulla trequarti, aveva un centrocampista, non un rifinitore. Così si è blindato e ha vinto lo sprint con l’Inter. Quello attuale, con l’eccezione del derby dell'altra sera, dietro a Giroud ha sempre avuto Brahim Diaz o De Ketelaere. Finché i due mediani hanno retto, la barca ha tenuto, poi ha cominciato ad affondare. Pioli aveva promesso di cambiare ancora prima della Supercoppa e non l’ha fatto, generando ulteriori turbolenze. L’ha fatto solo domenica sera contro l’Inter, addirittura in modo drastico e probabilmente esagerato. Il dubbio è che abbia perso il controllo. Ha già annunciato che si proseguirà con la difesa a 3. Ma, senza un’inversione di rotta venerdì con il Torino la sua panchina potrebbe cominciare a traballare, visto che la qualificazione in Champions è un traguardo obbligato. 

Pioli: "Ibrahimovic va oltre il dolore"

Dov'è la personalità?

Certo anche i giocatori dovrebbero dare qualche segnale, invece di farsi trascinare dalla negatività. Evidentemente, più che dal punto di vista tecnico, il grave infortunio di Ibrahimovic ha inciso dal punto di vista mentale. Il sospetto è che il gruppo abbia perso la sua guida. Insomma, la personalità esibita in passato forse era soltanto dovuta alla presenza dello svedese. Nel momento in cui è mancato da Milanello, ecco emergere immaturità e debolezza caratteriale. Per rispondere a tutti questi interrogativi c’è solo il campo. Tuttavia, occorre farlo in fretta, perché il tempo sta già scadendo. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Milan, i migliori video