Napoli, Osimhen per Spalletti è il vero uomo in più

Napoli, Osimhen per Spalletti è il vero uomo in più© LAPRESSE
Antonio Giordano
4 min

Mentre usciva dal campo, al 41' di Napoli-Liverpool, Victor Osimhen lasciava dietro di sè una scia di rimpianti e una squadra che con lui aveva (già) segnato dodici gol in cinque partite e mezzo. Ora che sta per ripresentarsi, peraltro fresco della impareggiabile felicità che concede la paternità, ritrova «quel» Napoli che in altre cinque gare e mezzo ne ha fatti diciassette e, spazzando via le preoccupazioni, ha persino costruito una dimensione diversa, surreale o perlomeno paradossale. Nell’istante in cui s’è fermato, per uno di quegli acciacchi che il destino non gli nega mai, Osimhen rappresentava il valore aggiunto, l’immarcabile forza d’urto capace di demolire quasi ogni paura; e adesso, quando Raspadori e Simeone assieme si sono presi la scena, e adagiandosi sulle spalle di centrocampisti dalla prolificità sistematica hanno ripulito l’aria, s’avverte nel clima festoso l’irrazionale sospetto che un ciclone del genere possa alterare gli equilibri appena codificati.

Gli algoritmi di Luciano Spalletti hanno sviluppato l’attuale sistema-Napoli proprio con il «congedo» di Osimhen, un processo diverso e alternativo a quello precedente, sfruttato per assorbire le caratteristiche d’un centravanti travolgente. Banalmente, per arrivare lassù, per alimentare il sacro fuoco di Osimhen, per consentirgli di esplodere secondo natura e abitudine e vocazione, il Napoli del primo mese - e pure quello dell’anno scorso - ha creato lo spazio per liberare la profondità, ma è rimasto nel suo palleggio elegante e raffinato, certo non l’ha rinnegato, s’è servito meno del proprio centravanti come collante, ha dimostrato di poter stare egualmente nel «tridente» pur avendo come termine un individualista, «educato» a rientrare nel coro, con i suoi acuti che però non stonavano. Raspadori e Simeone, lo dice il fisico stesso e la loro rispettiva vocazione, consentono altro, senza ritoccare il modulo, uno s’abbassa e pure l’altro, attraverso tempi e modi differenti, ma comunque entrambi andando a fungere da appoggio e poi da terminale. Raspadori e Simeone non hanno rubato il posto ad Osimhen, semmai hanno occupato quel tempo che è volato via dal centravanti, senza che fosse colpa di nessuno; e quella furia dai tratti sovrannaturali resta comunque una virtù - se si preferisce un valore - non certo un problema. Non c’è allenatore al mondo che ritenga l’abbondanza un disagio con il quale convivere e Spalletti sa come destreggiarsi in quell’area di rigore affollata o con quella panchina gremita: e se in questo momento non c’è in giro chi giochi meglio del Napoli, con autorevolezza e pure una sublime faccia tosta, vuol dire che difficilmente si potranno alterare i meccanismi: quel gran genio che s’è architettato questo piccolo capolavoro finirà per combinare l’atletismo con l’opportunismo e lo trasformerà in un esercizio stilistico.


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