Napoli in cura dal dottor Calzona: cosa serve per la riscossa

L’allenatore, in carica da una settimana, affronterà  domani la terza partita: l’obiettivo primario finora è stato rianimare la squadra e restituirle fiducia
Antonio Giordano
4 min

Le cause, eccole lì: sono spalmate sul lettino dello piscologo. È tutta, esclusivamente, una questione di testa, improvvisamente vuota, come se il tempo avesse resettato i codici di Spalletti, magari rimasti anche incagliati tra le indicazioni successive. Ripercorrendo, ne sono successe di cose (anche strane): 4-3-3 per modo di dire, poi 4-2-3-1, poi pure 3-4-3 e 5-3-2 e 3-5-1-1 e Kvara sottopunta e Lindstrom a destra, macché a sinistra, e Zielinski fuori ma no dentro, e lo scibile tattico rimescolato a uso e consumo di ogni forma di convinzione. Però alla fine sembra ci voglia Freud, che Francesco Calzona non ha invocato ma evocato, proprio quando a Cagliari ne è accaduta una che probabilmente sta per sintesi del caos: palla spiovente in area, che parte da quaranta metri più in là, c’è il controllo agevole della situazione, priva di pericolo, e sull’amnesia emerge la crisi d’identità. Però prima, e la sottile allusione di Calzona in quello spicchio di partita va a scavare, è stata dura uscirne come si vorrebbe, come si dovrebbe: perché non basta avere un possesso palla bulgaro (71%), se l’orientamento è orizzontale e i tiri sono 9 e quelli in porta appena 4.

De Laurentiis e i 100 milioni a rischio

Visto che il calcio non è mai stato un istituto filantropico, magari neppure con i mecenati, ora che gli affari si chiamano business, il problema si dilata fin dentro le casse: l’Europa, preferibilmente la Champions sia chiaro, è una forma di ricchezza irrinunciabile, almeno quanto il Mondiale per club del 2025. Mettendo assieme i passaporti, ci sono 100 milioni di (cattivi) pensieri che frullano nella testa di Adl, che certo non possono essere “addebitati” a Calzona, arrivato appena sette giorni fa, e che comunque rappresentano un tormento esistenziale. Qua si fa il futuro, pure con il prestigio, e il Napoli non ha intenzione di starsene con le mani in mano da una domenica all’altra, trascorrendo i martedì, i mercoledì o i giovedi a guardare la tv e a rovinarsi il fegato: avendo girato il Vecchio Continente in lungo e in largo dal 2010, per riempire l’orizzonte e provare a sentire anche il tintinnio dei danari, bisogna passare in analisi e risolvere quelle contorsioni mentali.

Calzona, la settimana tipo

Calzona s’è potuto concedere due rifiniture, alla vigilia del Barcellona, una seduta con chi non aveva giocato in Champions League al giovedì mattina, un allenamento vero al venerdì, una ritoccatina agli schemi e alle palle inattive sabato; e poi ieri ha ricominciato con quelli che a Cagliari hanno guardato, e stamani non potrà affondare, essendo vigilia del Sassuolo, e neanche dopodomani; magari a 48 ore dalla Juventus avrà la possibilità di immergersi nelle proprie certezze. Per la settimana (quasi) tipo, converrà aspettare la prossima, che pure sarà corta, perché contro il Torino il Napoli dovrà anticipare. «Io ho parlato con i ragazzi, che sono stati disponibili. I problemi non si risolvono dalla sera alla mattina ma noi nella situazione in cui ci troviamo non possiamo pensare esclusivamente al Barcellona. Dobbiamo procedere di partita in partita, vincerne quanto più possibile e poi verificare dove saremo. Inutile fare previsioni, noi vogliamo arrivare il più lontano possibile. E finché l’aritmetica non ci condannerà, noi aspireremo sempre all’obiettivo più importante. Anche se è difficile». Perché pure l’utopia può rappresentare una amabilissima tentazione: psicologia spicciola, che può essere d’aiuto.


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