Roma, la chimica di De Rossi

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Roma, la chimica di De Rossi© ANSA
Alessandro Barbano
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Non è la logica, e neanche la geometria. È la chimica, bellezza! Se vuoi spiegare come cambia il calcio, non ti servono i sillogismi, meno che mai le dimostrazioni tattiche. Ti serve studiare le reazioni degli elementi. Questo non vuol dire che Pellegrini, El Shaarawy, e perfino Dybala si siano messi d’accordo per licenziare Mourinho, come pure si favoleggia di fronte alle brillanti fantasie di una Roma ritrovata, che centra la sua terza vittoria consecutiva. Vuol dire però un’altra cosa. Che quando in un ambiente la temperatura si abbassa, le molecole destinate a fondersi possono restare a lungo separate. Quando la temperatura si abbassa in uno spogliatoio, per stanchezza, per usura delle relazioni tra tecnico e società, o più semplicemente per adattamento a un equilibrio che si è fatto poco dinamico, l’empatia, che da sola moltiplica le qualità individuali, si guasta come una maionese impazzita.

La Roma di De Rossi è la stessa di un mese fa, eppure è tutta un’altra cosa. Non perché il tre-cinque-due è diventato un quattro-tre-due-uno. E neanche per quegli schemi tra le linee che sembrano recitati a memoria, quasi fossero stati provati e riprovati con il massimo impegno per tutta la settimana, come accade quando una panchina si avvicenda a un’altra. La vera novità è l’energia liberatoria che rivedi nelle gambe giallorosse. Tutte. Che siano quelle armonicamente coordinate del gioiello argentino, o piuttosto quelle tornate sapienti e ficcanti del capitano, o piuttosto quelle irruenti e anarchiche di Zalewski. C’è nell’aria un altro modo di sentire la partita. Certo, il Cagliari non è l’Inter perfettissima che ha steso la Juve, e che sabato scende all’Olimpico. È piuttosto la stessa arrendevole, inconcludente comitiva che al Sant’Elia da Mou ne ha presi quattro, segnandone solo uno. È una squadra che ha tutto l’orgoglio e l’applicazione del suo esperto condottiero, Claudio Ranieri, e tutta l’inguaribile imperizia di un gruppo raccogliticcio, pesante in attacco, anodino a centrocampo, ballerino dietro. Con Inzaghi sarà un’altra storia.

Però il due a zero dei giallorossi vale a prescindere. È un segnale la finta di Paulo che smarca Cristante, Cristante che taglia il campo in diagonale e trova El Shaarawy, El Shaarawy che pesca un buco tra le gambe della retroguardia rossoblu per servire Pellegrini, Pellegrini che gira su se stesso e la mette nel cuore dell’area di rigore per Lukaku, Lukaku che sente il fiato dell’amico argentino e finta il tiro, Dybala che schiaffeggia la rete con una fiondata. È lo schema Annalisa: Ho visto lei, che bacia lui, che bacia lei, che bacia me. Tutto finisce da dove è iniziato.

Questo ritornello funzionerebbe con l’Inter come con il Feyenoord, se la sua applicazione fosse naturale e ispirata come si è visto ieri sera. Perciò De Rossi protegge più gambe che può nella ripresa, mandando sotto la doccia tutti quelli che sabato dovranno presumibilmente ricreare la sublime intesa, ma soprattutto combattere per novanta minuti. Compreso l’ultimo arrivato, Angeliño, l’esterno capace di spingere, affondare e crossare, che forse Mourinho ha sognato per anni. E che De Rossi adesso può schierare per svegliare la Roma. O Baldanzi, il clone tecnico-tattico di Dybala che promette di avere nei piedi un po’ del genio dell’argentino. Quel po’ è grasso che cola, dopo due stagioni di carestia di mercato. Anche in questo il calcio non è una logica, ma una chimica. Però che reazione, ragazzi!


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