Fognini si racconta: “A Napoli chiedo sostegno nella difficoltà”

Il tennista ligure, ormai da 18 anni nel circuito, si racconta a cuore aperto: "Ai miei figli dirò di aver sfidato gli extraterrestri. Alcaraz? Ha talento"
Fognini si racconta: “A Napoli chiedo sostegno nella difficoltà”© LAPRESSE
Ronald Giammò
6 min
Diciotto stagioni sul circuito Atp hanno contribuito a dare alla schiettezza che da sempre caratterizza Fabio Fognini una nuova sfumatura. L'impulso e la rapidità restano ancora oggi le spie che guidano il suo gioco e i suoi pensieri, ma prossimo alle 36 primavere e consapevole d'esser ormai vicino al momento dei saluti, l'italiano ha acquisito maturità ed esperienza tali per potersi guardare indietro e stilare un bilancio in cui onestà, rimpianti e fame continuano a scambiarsi colpi senza più intaccarne la serenità. «È stata una stagione negativa. Scriviamolo pure in rosso e stampatello maiuscolo», esordisce Fognini, eliminato ieri a Gijon in doppio con Simone Bolelli da Cacic e Nys dopo essersi già ritirato lunedì in singolare a causa di un virus intestinale. 

 Ranking Atp: la classifica

A Rio ha giocato una delle due semifinali del suo 2022 perdendo contro Carlos Alcaraz: che impressione le fa? 
«È un predestinato. Pronosticare che meno di dieci mesi dopo sarebbe diventato il nuovo n.1 del mondo era una cosa da pazzi. Oltre al talento in lui c'è tanta dedizione». 

Come giudica oggi i giovani che vi arrivano così precocemente?
«È un circuito in costante cambiamento. Ai miei tempi erano pochi quelli che arrivavano in alto così giovani: Nadal, Djokovic, gente che sta scrivendo la storia del nostro sport. Eravamo diversi, si entrava in punta di piedi. Oggi i giovani ti affrontano a viso aperto, sembrano più sbruffoni, hanno carattere». 

In carriera ha ottenuto più di 400 vittorie, se guarda indietro cosa vede?
«Vedo anche tante sconfitte, che fanno parte della vita e della carriera di ogni sportivo. È bello, ma sono solo numeri. Potrò dire ai miei figli di aver giocato per 15 anni contro gli extraterrestri riuscendo anche a batterli. Da un lato è una bella soddisfazione, ma dall'altro, mi chiedo cosa sarebbe successo se fossi nato dieci anni dopo, che opportunità avrei avuto?».

Atp Sofia, la coppia Bolelli-Fognini out in semifinale

Napoli potrebbe essere un bel posto per aggiornare il conteggio.
«Lo spero, ne ho davvero bisogno. Chissà, magari sarà il posto giusto dove riuscirò a cogliere tre vittorie consecutive che è quello che più mi manca. A Napoli vengo sempre con tanto entusiasmo, ho tantissimi bei ricordi: il primo Challenger vinto nel 2010, la finale di doppio con Simone (persa nel 2006 contro Kubot e Cibulec, ndr), la vittoria in Davis con Murray. Spero che il popolo napoletano mi aiuti e mi sostenga in questo momento molto difficile della mia carriera». 
 
Oltre a Roma, oggi sul circuito troviamo anche Firenze, Napoli e le Finals di Torino, lo avrebbe mai detto quindici anni fa?
«No. Negli ultimi anni il tennis maschile ha ereditato il testimone dal movimento femminile. E' stato così per tanti anni con Errani, Pennetta, Schiavone e Vinci. Prima eravamo solo io, Seppi, Bolelli mentre ora si sono aggiunti Berrettini, Musetti, Sinner e tutti gli altri. Questa nuova generazione deve sfruttare il potenziale di cui gode al momento il tennis italiano. Organizzare così tanti tornei in Italia non è facile: servono soldi, tempo, investimenti».

Come giudica questo nuovo format di Coppa Davis?
«Da amante della Coppa Davis vecchio formato non posso dire che questo mi piaccia. L'ho giocata per dieci anni, arrivavi davvero stremato al termine di un weekend di partite. Mi è capitato di giocare 11 ore e mezza in due giorni. Questo è un format più veloce e rapido, il punto del doppio ha assunto maggiore importanza».


 
Nella Race per Torino la corsa è sul duo Puetz e Venus: ci credete?
«A Simone, che considero come un fratello maggiore, dico sempre che se giochiamo possiamo arrivare al Master. Ci mancano tornei importanti e punti pesanti. Ci proveremo, ma non deve essere un'ossessione. E' un sogno, e non era un obiettivo a inizio anno, ci proviamo, ma sappiamo che anche in caso di assenza siamo tra le prime dieci coppie al mondo».

Bolelli ha 37 anni, lei quasi 36, come vede il futuro del doppio azzurro?
«Non lo so. Berrettini può essere una soluzione, ma in questo momento penserei a un'ipotesi Musetti più uno. Non si può mai sapere comunque anche perché la cosa bella di questo periodo è che alle nostre spalle ci sono tanti ottimi ragazzi che stanno facendo bei risultati al livello Challenger, sono tutti tra i primi 200 del mondo e in futuro potranno dare sicuramente una mano».


© RIPRODUZIONE RISERVATA