Pagina 3 | Ascari, l’ultimo Campione Antonelli, ritorno al futuro
Sporca verità
Certo, se adesso chiamo Mario Andretti, ecco che “Piedone” mi spiega quanto siano immotivate tali paturnie, in quanto lui italiano ci si sente tuttora, di natali, cultura e sensibilità, e il titolo, meritatissimo, lo ha vinto nel non preistorico 1978. Però, dai, lo sappiamo tutti che lo ha fatto con passaporto e cittadinanza statunitense, il che un tantino le cose le sposta, eccome. La sporca verità è che gli italiani da corsa andrebbero aiutati a casa loro. E quindi? E quindi niente, dopo settantadue anni di astinenza, siamo tutti nelle mani del bravo e freschissimo talento Kimi Antonelli, pupillo Mercedes. E, dai che ti ridai, la verità erutta tre postulati tosti: 1) Dal 1953 il nostro automobilismo non produce un Clark, un Senna o uno Schumi e questo lo dobbiamo accettare con imparziale realismo. 2) La pressione dell’opinione pubblica è sempre a favore della Ferrari e mai a vantaggio dei piloti italiani. Quando, nel Gp di San Marino 1983, Riccardo Patrese su Brabham uscì di pista scivolando sul breccino alle Acque Minerali aprendo la strada alla passerella trionfale del francese Tambay su Ferrari, quasi tutti i centomila italici ruggirono felici e tantissimi italioti in tribuna mostrando a Riccardo il gesto dell’ombrello. 3) Qualsiasi pilota italiano post-Ascari che ha provato o proverà a rivincere il mondiale lo ha fatto e lo farà non grazie alla Ferrari, ma malgrado la Ferrari. È stato così per Alboreto, dalle ali tarpate per virus tecnici aziendali, è andata in questo modo per Patrese, prima corteggiato e poi non preso dalla Rossa, e sarà così per chiunque altro che riuscirà a farsi strada, di certo non potendo contare, almeno a corto raggio, sull’aiuto concreto del Cavallino. Ed è tabù parlarne, perché farlo vuol dire toccare concetti scomodi. Pertanto, piano quando si parla di Nazionale Rossa. Quella di Coletta nel Wec in gran parte lo è, ma in F.1 le cose - dal mesozoico a oggi - funzionano diversamente.