Napoli, l'educazione sentimentale

Leggi il commento del Condirettore del Corriere dello Sport - Stadio
Alessandro Barbano
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Scrivi due a tre. Leggi educazione sentimentale. Questo Napoli-Real è un romanzo di formazione. Intenso e amaro come tutte le straordinarie esperienze di crescita. Ma utile. Perché affrontare una squadra stellare come quella di Ancelotti, andare in vantaggio e poi subire la rimonta, resistere alla prova di forza degli spagnoli che nel finale del primo tempo avrebbe potuto produrre il tracollo, e poi riguadagnare campo e coraggio nel secondo, pareggiare e dominare per quarantacinque minuti e subire la beffa di un rimbalzo fatale su Meret, e poi ancora battersi per recuperare la partita fino all’ultimo, beh tutto questo è salute, carattere, tenuta tecnico-atletica, concentrazione. Da un’avventura così si esce temprati, non indeboliti. Certo, resta l’amarezza per la sconfitta. Ma consola il fatto che due dei tre gol dei madridisti di Ancelotti, cioè il secondo di Bellingham e il terzo di Valverde, sono tratti da quel repertorio di colpi proibiti che una squadra di top player può tirare fuori in qualsiasi momento per risolvere una situazione difficile.

Contro questi numeri c’è poco da fare. Però il Napoli c’è. Con tutta la sua creatività, la sua compattezza, il suo ardore, il suo raziocinio tattico. Con l’uno contro uno di Kvara e Politano che sono una spina nel fianco di qualunque difesa, con la regia sempre illuminata di Lobotka, con i cambi di passo spiazzanti di Zielinski, e con l’elevazione di Osimhen che resta irraggiungibile anche nel giorno in cui il centravanti vagola confuso sulla tre quarti avversaria, sbagliando molto e muovendosi spesso in contrapposizione ai compagni. Ci sta, dopo settimane di tensione che pesano sulla prestazione di un giocatore per cui la parola “prestazione” coincide con la parola “emozione”. Il domatore di leoni Aurelio De Laurentiis prima o poi dovrà farsene una ragione. La frusta non funziona con tutti allo stesso modo. Quanto al Real, è discreto in difesa, autorevole sulla mediana e pazzesco negli ultimi trenta metri.

Con una squadra così Ancelotti potrebbe anche evitare di masticare il chewing-gum scaccia tensione e rilassarsi un po’ di più. Ma la sua gestione è impeccabile. Quando a due terzi di gara si accorge che il dominio del palleggio è nelle mani del Napoli, toglie Camavinga e Kroos per Mendy e Modric, e il possesso palla ritorna contendibile. La stessa lucidità manca invece ancora una volta a Garcia, che toglie un brillantissimo Politano per Elmas e rinuncia a spingere su una delle due fasce da cui è partito il contropiede azzurro. Anche perché la parte di jolly che entra a venti minuti dalla fine e gioca in due ruoli diversi non giova al talento macedone, rischiando di trasformarlo in un ibrido e di indebolire la sua leadership. Il tecnico francese dimostra ancora una volta di non essere pienamente sintonizzato con il gruppo. Ma siamo all’inizio di stagione e il Napoli è un’architettura complessa che richiede tempo e capacità di ascolto anche a un allenatore di qualità. Non c’è da disperare. La maestà nel calcio è la migliore antologia critica degli errori commessi. Garcia è sulla strada giusta.


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