Champions League, flop Italia

Leggi il commento del Direttore del Corriere dello Sport - Stadio
Ivan Zazzaroni
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Siamo fuori dalla Champions. Era già fuori il Milan, sono uscite dagli ottavi Lazio e Napoli. È fuori anche l’Inter, la nostra rappresentante più forte. Nel giro di pochi mesi siamo passati da tre su sedici a zero su otto. Ma siamo fuori meritatamente ed è questo che fa più male. All’Inter non è bastato il gol dell’andata per superare l’Atletico di Simeone che la gara di ritorno ha preparato splendidamente.

Una partita - e una delusione - così, quest’anno, l’Inter non l’aveva ancora provata. A Madrid ha sorprendentemente - e aggiungo fatalmente - conosciuto la sofferenza più autentica. Ha subìto l’aggressività dell’Atletico (che si è inventato la miglior prestazione di una stagione contraddittoria e priva di certezze); ha perso quasi tutti i duelli, si è a lungo difesa, è andata in confusione solo nei minuti finali dei tempi regolamentari confermando di essere una squadra comunque matura. La squadra di Inzaghi è stata più sparring partner che protagonista: troppo bassa la linea difensiva e di conseguenza eccessiva la distanza tra i reparti che ha consentito all’Atletico di recuperare un sacco di palloni e palleggiare con precisione e rapidità: nella prima parte si sono distinti particolarmente De Paul e Hermoso. Poco convincenti Dumfries, puntato ripetutamente da Sam Lino, Micki e Barella, presi in mezzo a più riprese: Nico si è però fatto notare nel momento in cui ha completato un bel movimento d’attacco servendo l’assist a Dimarco.

Eccezionale è stata esclusivamente la prova di Sommer che in almeno tre occasioni ha tenuto in vita la squadra. Anche un palo l’ha aiutato. Questa volta, però, non è uscito vincitore dai rigori e non per colpa sua.

Per settimane, sull’onda dell’entusiasmo da assoluto dominio nazionale, tanti si sono domandati se l’Inter fosse (sia) la più forte d’Europa. Alla prima occasione utile la Champions ha suonato la sveglia: la perfezione non è ancora contemplata e la superiorità definitiva è sempre più spesso un’illusione.


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