Figc, linea dura con Mancini. E Gravina resta in silenzio

Contratto non ancora risolto con il ct dimissionario, che aveva chiesto di rimuovere la clausola di esonero se avesse mancato Euro 2024: i dettagli
Fabrizio Patania
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ROMA - È finita male, anzi malissimo. Non è escluso ci possa essere una coda nella separazione durissima tra Mancini e la Federcalcio, irritata (e non poco) per la forma e la sostanza dell’addio, ma anche per il modo in cui si è consumato, durante le vacanze in Grecia (concluse ieri sera), e le sue successive parole. C’è stato un contatto, durante il giorno di Ferragosto, tra l’ex ct e gli uomini di via Allegri, orientati per la linea dura, da portare avanti con estrema riservatezza. La crisi in cui è sprofondato il calcio italiano richiede fermezza e una reazione immediata. Gravina non intende replicare, è rimasto deluso e in silenzio, non può perdere energie, è impegnato a cercare una soluzione (Spalletti) che contempli il futuro tecnico della Nazionale e torni nel conto economico.

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Mancini e il retroscena sulla clausola di esonero

Una chiave di lettura aiuta a capire la strategia dell’ex ct, appena investito dell’incarico di supervisore di Under 21 e Under 20. Mancini, prima di procedere con la Pec di dimissioni, ha chiesto di rimuovere la clausola di esonero inserita nel contratto che lo legava sino al 2026 alla Figc. Era prevista la risoluzione del contratto nel caso in cui non avesse centrato la qualificazione in Germania. Questo sarebbe stato il "segnale" invocato da Mancini: "Volendo, Gravina avrebbe potuto trattenermi", ha spiegato. Un segnale di protezione e di fiducia dopo il robusto rimpasto del suo staff, che aveva vissuto (seppur condiviso e accettato) con qualche perplessità. Ricevuto il no, ha deciso di andarsene, peraltro immaginando che Gravina gli corresse dietro. Parere opposto in Figc: se ne poteva parlare in anticipo e di persona, nelle stanze di via Allegri, non attraverso messaggi e fugaci comunicazioni. L’ultimo colloquio telefonico tra Gravina e Mancini risale a venerdì 11, sabato 12 sono arrivate le dimissioni. Ci sono altri due chiavi di lettura. La prima è sostanziale: la Figc ha difeso Mancini dopo l’eliminazione dal Mondiale in Qatar, non avrebbe potuto (tra ottobre e novembre) confermarlo in caso di eliminazione dall’Europeo in Germania. La seconda è nelle motivazioni temute o sospettate, seppur smentite dall’ex ct. In via Allegri sono convinti che l’offerta arrivata dall’Arabia Saudita abbia spinto e portato verso le dimissioni Roberto, combattuto sino a pochi giorni fa e infine deciso a rompere il contratto.

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Mancini e l'offerta dell'Arabia Saudita

Secondo alcuni operatori di mercato, i primi contatti risalirebbero a tre mesi fa e la proposta per allenare la nazionale saudita sarebbe stata portata da Ramadani. Mancini ha ripetuto più volte che l’Arabia non è il motivo del suo divorzio, era stanco e ha anticipato i tempi del divorzio, si era reso conto di rischiare l’esonero tra settembre e novembre, legato come ogni allenatore ai risultati. Certo non ha preso impegni, ma conta di tornare ad allenare a breve, non resterà fermo a lungo. Dal punto di vista formale il suo contratto non è ancora stato sciolto. La richiesta di risoluzione non è stata ancora soddisfatta. La Figc ha “preso atto”, si è messa alla ricerca di un nuovo allenatore, deve ratificare e accettare le sue dimissioni, probabilmente riservandosi di farlo in una fase successiva all’insediamento di Spalletti.


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