Napoli-Milan, la notte dei giudizi

È la partita più delicata per tutti: la panchina di Garcia non è ancora salda e Pioli è reduce dalle sconfitte con Juventus e Psg
Antonio Giordano
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INVIATO A CASTEL VOLTURNO - C’è chi sta meglio, è vero, ma c’è soprattutto chi sta peggio: e in questo calcio senza tempo, in cui non è mai ben chiaro se valga la pena essere più all’avanguardia oppure starsene tra i conservatori, Rudi Garcia e Stefano Pioli resteranno (forse) un po’ perplessi, evitando di porsi oziose domande. Però la realtà va al di là della fantasia, lascia che la vigilia di Napoli-Milan rosoli un po’ le coscienze e semmai pure le lavagnette, sistema i moduli e quel caravanserraglio d’opinioni e adagia l’uno e l’altro - Garcia & Pioli - sulle loro panchine da quarto e secondo posto. È una vita da Champions, certo che sì, sarebbe un frammento di felicità che invece evapora per quell’ora e mezza che il Napoli a Berlino ha sfruttato aritmeticamente, aggiungendo punti ma non fascino alla propria classifica, e che al Milan a Parigi è stata portata via da quel prodigio della natura, Kylian Mbappé, inventandosi cose dell’altro mondo. 

Garcia e Pioli, i tormenti

Rudi Garcia ha il senso pratico della vita, e l’ha confermato pure all’Olympiastadion, un presidente che gli sta intorno un giorno sì e l’altro pure - incluso ieri e oggi e domani - per tentare disperatamente di spazzare via dall’aria ogni forma di negatività, e la percezione di dover far passare gioiosamente la prossima nottata: la Fiorentina ha lasciato un senso di stordimento e l’ora appagante di Verona (con un 3-1 pure autorevole) non è bastato a rimuovere le incrostazioni dall’anima, neppure aggiungendoci lo 0-1 di Berlino, incellofanato in novanta minuti d’opacità. Ma c’est la vie, dicono a Milanello, e Stefano Pioli delle antiche celebrazioni per lo scudetto del 2022 non può avvertire echi, soffocato dal rumore degli “amici” ancora frastornati per il ceffone di Allegri e per le frustate del Psg.

Napoli e Milan, i sorrisi

Eppure, i sei punti del Napoli - in 180’ - rappresenterebbero miele mica fiele, ma Garcia ha occhi per guardare intorno a sé, orecchie per ascoltare qualche brusio e capacità autocritica per separare il grano (i risultati, la bellezza part-time del Bentegodi), dal loglio (le occasioni concesse al Verona negli ultimi trenta minuti, le difficoltà con l’Union), senza fossilizzarsi su buoni e cattivi. Dallo specchio di Napoli-Milan, viene fuori però pure l’immagine riflessa di Stefano Pioli, l’altra faccia del calcio un po’ bulimico e traditore, eroe sino a domenica pomeriggio e poi trascinato nella tormenta da Allegri e da Luis Enrique con allestimento di processi incuranti delle sue 200 panchine in rossonero.

Garcia, crocevia Milan

Mentre Napoli-Milan s’avvicina, le ombre del passato l’ammantano di mistero: Garcia è piombato in una città stregata dal calcio sublime di Spalletti e da uno scudetto che sa di Storia; e per districarsi dagli inevitabili paragoni, più che con i pregiudizi s’è dovuto confrontare con i giudizi alimentati dalle sconfitte con Lazio e Fiorentina. Il Milan è il crocevia per immergersi in un benessere fisico e ambientale, l’occasione per il Napoli di sottolineare che si può essere Grandi non solo con le piccole o presunte tali: e però, tra le pieghe d’una sfida perfida, un po’ sciabola e un po’ fioretto, sotto la maschera del mistero, c’è Stefano Pioli, che al San Paolo e al Maradona ha conosciuto momenti migliori di adesso, ci ha vinto con il Chievo (nel 2011), con il Bologna (due volte in tre giorni, tra campionato e Coppa Italia), con la Lazio (due volte in un mese e mezzo, in semifinale di Coppa Italia e in una specie di spareggio per la Champions), con il Milan tre volte (dal 2020 al 2022) e, quasi fosse un successo, anzi di più, ci ha pareggiato a marzo scorso, per prendersi la semifinale di Champions. Garcia lo sa che il diavolo veste Pioli


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