Allegri lascerà la Juve a missione compiuta, ovvero la squadra in Champions, il lancio dei giovani e il bilancio alleggerito anche grazie al suo lavoro. Lascerà a fine stagione quando probabilmente tutto questo sarà realizzato. E allora ci sarà da divertirsi. Allegri è criticato anche dal fronte bianconero (si parla di tifoseria, di una parte o forse anche di una buona parte) perché la squadra gioca poco e gioca male, come si è visto pure domenica sera nella partita che doveva rappresentare il punto più alto del nostro calcio. Toccherà al suo sostituto sollevare il livello tecnico della squadra. Ci riuscirà se il materiale resterà quello di adesso? Se non arriverà uno come Berardi? Se in mezzo al campo non ci sarà fantasia come non c’è adesso? Se sugli esterni non arriveranno giocatori del livello di Dumfries e Dimarco? La Juve di Allegri, la prima Juve, ha fatto delle partite stupende soprattutto in Champions, a Dortmund, a Monaco, a Londra contro il Tottenham. Giocava bene il suo Cagliari, a tratti il suo Milan. Non gioca bene la Juve di oggi, ma vedremo come e quanto la renderà spettacolare il suo successore se erediterà questo stesso organico. A dir la verità, domenica sera siamo rimasti delusi più dall’Inter che dalla Juve. Per carità, hanno fatto tutt’e due una partitaccia, ma l’Inter ha uno spessore tecnico che avrebbe dovuto suggerire un altro tipo di atteggiamento. Chi ha visto Empoli-Sassuolo o Cagliari-Monza ha notato una differenza netta a favore delle gare delle piccole. Juventus-Inter è stata una partita “politica” come scelta, che era quella di non rischiare niente, ma proprio niente. Il sorpasso della Juve avrebbe scatenato una mezza bufera alla Pinetina e la Juve a -5 avrebbe sentenziato la fine di ogni speranza-scudetto per i bianconeri. Così il giro palla che si sviluppava con lentezza e monotonia fra i piedi di Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, De Vrij e Acerbi, e poi ricominciava da capo, era soprattutto un messaggio in codice alla Juve: non attaccateci, tanto noi non alziamo il ritmo, va bene così. È andata bene per le due squadre, male per chi guardava la partita.
Juve-Inter, lo specchio del calcio italiano
Il livello di Juve-Inter rappresenta in buona parte il livello del calcio italiano che l’anno scorso, grazie alla fantastica stagione del Napoli, sembrava destinato a crescere. Invece ha fatto un passo indietro, è tornato quello degli anni pre-Napoli spallettiano. Non è mai bello guardare in casa degli altri, ma la Premier continua a offrire partite spettacolari con interpreti straordinari, la Liga ha scoperto una rivelazione come il Girona e ha sempre un Real Madrid stellare, la Bundesliga e il Bayern Monaco si sono arricchiti di un altro campione come Kane e nonostante questo i bavaresi rincorrono in classifica uno straordinario Bayer Leverkusen, anche la Ligue 1 ha la sua bella novità nel Nizza di Farioli (e questo ci rende almeno orgogliosi) alle spalle dell’opulenza parigina. Noi siamo indietro, continuiamo a restare indietro, anche se poi ci ritroviamo in finale nelle tre coppe, perdendole tutt’e tre, d’accordo, ma senza meritarlo pienamente. Potevamo vincerle con la Fiorentina, la Roma e l’Inter, che è stata la sorpresa della stagione europea. L’Inter in finale di Champions ha messo in seria difficoltà il Manchester City, proprio la squadra che secondo la maggioranza degli osservatori gioca il miglior calcio in Europa (del resto, basta vedere non i titolari, ma la panchina di Guardiola per rendersene conto). E allora se siamo in grado di confrontarci alla pari in Europa, se abbiamo almeno il coraggio di provarci, dobbiamo essere più generosi anche fra le nostre mura. Se Inter e Juve sono le squadre più competitive di questo campionato non possono nascondersi come hanno fatto domenica sera. Così, forse, aiutano loro stesse, non il calcio italiano.