De Laurentiis sfida Giuntoli, cose turche per il ds

Il patron del Napoli blocca il manager e lui vola a Istanbul per la finale dopo una breve vacanza a Capri
De Laurentiis sfida Giuntoli, cose turche per il ds
Antonio Giordano
4 min

Non (si) vedono, non (si) parlano, non (si) sentono: e non stanno neanche a giocare con il tempo che scorre via inesorabilmente veloce. E’ un dialogo muto, a distanza, una gelo che si avverte, non si può nascondere, una frattura netta, secca, nella quale non scorrono veleni - che si avvertono nell’aria - ma semplici frasi di circostanza. «Io il direttore sportivo ce l’ho ed ha contratto fino al 2024». Storia di una liaison che resta in soffitta, tra la polvere del passato e il nervo scoperto che tradisce un’irritazione ormai palpabile per la presenza di una Vecchia Signora: Cristiano Giuntoli è il ds senza portafoglio, né scrivania, che sta aspettando un appuntamento da due mesi; e Aurelio De Laurentiis è il suo presidente che, in ragione di un accordo firmato nel 2019 a Salisburgo, quando ancora resistevano affinità elettive, ha scelto di evitare chiacchierate, ignorando la richiesta d’evasione dell’aprile scorso. 

De Laurentiis prende tempo, Giuntoli vola a Istanbul

Il mercato degli allenatori lo gestisce Adl in prima persona, non delega e non richiede consigli, fa tutto da sé da almeno un decennio; quello dei calciatori è tatticamente consegnato a Maurizio Micheli, il capo dell’area scouting; e Giuntoli, che sino a ieri se ne è stato nell’isolamento vacanziero di Capri, stamani vola a Istanbul per dare un’occhiata alla finale di Champions. Il resto verrà da sé, e non è ben chiaro cosa comprende, se incarichi da ricevere o convocazioni da augurarsi.

La Juventus aspetta...

Cristiano Giuntoli ha la Juventus che lo aspetta, sondaggi trasversali che ha declinato, e la consapevolezza che potrebbe starsene un altro anno a Napoli, depotenziato, dentro questo scontro frontale in cui non c’è possibilità di confronto: quel patto di quattro anni fa, che ha vita sino al 30 giugno del 2024, prevede ancora una stagione con il Napoli, con un ingaggio da un milione e settecentocinquantamila euro, ma non è ciò che vuole. L’ha detto a De Laurentiis nell’ultimo veloce contatto («mi lasci andare»), lo ha ribadito con il messaggio subliminale del 7 maggio, dopo la gara con la Fiorentina, su «provocazione» presidenziale («allora, Cristiano, cominciamo a progettare il futuro») assorbita con eleganza («fin quando ci sarà lei, Napoli avrà sempre un gran futuro») e poi s’è messo fisicamente sulla riva, a Capri, laddove, estate 2020, s’erano ritrovati, subito dopo l’acquisto di Osimhen, il collante di quell’epoca. 

Non è ancora il momento dell'addio

Ma stavolta, all’orizzonte, c’è lo stesso vuoto di gennaio 2020, quando nacquero le prime frizioni: settimane come queste, anzi peggiori, la spada di Damocle di un esonero mai arrivato per un mercato che poi il tempo ha rivalutato clamorosamente con lo scudetto, la distanza siderale, un’incomunicabilità che cominciò fondamentalmente a sgretolare quel rapporto che Giuntoli ha tenuto incollato anche domenica sera, durante la premiazione, nel rispetto per la forma, sussurrando in un orecchio ad Aurelio De Laurentiis un «grazie di tutto». Ma non è ancora arrivato il momento di dirsi addio. Né di abbracciarsi. 


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