Napoli, Rudi Garcia studia novità tattiche per risvegliare l’attacco

Il secondo tempo con la Lazio ha generato ombre che la squadra proverà a cancellare già a Marassi
Antonio Giordano
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INVIATO A CASTEL VOLTURNO - Possibile che sia già arrivato il momento della (prima) verità? Perché si sa, non ce n’è mai una sola, in questo calcio che va di fretta, consuma le settimane ed anche i cervelli: ma non è cambiato nulla, era così ieri, quando il Napoli di Spalletti vinceva il campionato demolendo qualsiasi avversario, rimarrà eguale nei secoli dei secoli, quando i sogni cercheranno di realizzarsi. In duecentosettanta minuti, Rudi Garcia ha provato a metterci qualcosa di suo in una squadra prossima alla perfezione: è il legittimo processo identitario che un allenatore avvia, mica a tentoni, ma seguendo le proprie convinzioni. E però, le risposte sono state contraddittorie, dunque ne serviranno altre: le sette partite rappresentano una opportunità e anche un’insidia, però tra Genoa, Braga, Bologna, Udinese, Lecce, Real Madrid e Fiorentina il calcio si offre in tutte le proprie dimensioni. Ci sono le grandi, le piccole, le vie di mezzo: c’è la statura internazionale, quella provinciale, la differenza sottile o anche no di ambienti e di interpretazioni. Sette partite per specchiarsi in se stesso

Napoli, la continuità

E comprendere dove sia l’errore, per quel secondo tempo sciatto e anche un po’ deformante con la Lazio. Come cancellare in 45 ’ un piccolo patrimonio, oppure come sistemarlo in cantina, in attesa di tirarlo fuori. Però quel Napoli che si è spento, e non può essere una questione di gambe, è lo stesso che nei 45 ’ precedenti aveva dimostrato di avere spessore e anche coraggio. In tre partite, due zone d’ombre: l’avvio scolastico di Frosinone, infarcito da un rigore che un po’ ha indirizzato l’umore e l’approccio; il finale insospettabile contro la Lazio: non è ancora cominciata la fase degli indizi, e ci mancherebbe, ma degli interrogativi da risolvere, cominciando dal Genoa

Napoli, i numeri dell'attacco

Un attacco da centocinque gol, che segna solo sei reti su sessantasei conclusioni, non è la rappresentazione dell’horror, né la sintesi di una squadra divenuta improvvisamente fragile: è la dimostrazione che ci sono momenti negativi, in cui l’imprecisione ti stritola. E magari sarà anche un periodo vissuto un po’ distrattatamente, che l’umore di qualcuno sia condizionato, ma fondamentalmente il Napoli sa di avere attaccanti come pochi, per varietà di talento e natura alternativa, e dunque spera di essere dinnanzi ad un falso problema. Basterà (basterebbe) che Osimhen continui a fare ciò che ha fatto (tre gol nelle prime due giornate) o che Kvara avverta la centralità che gli stata riconosciuta per nove mesi, quelli che gli sono stati sufficienti per diventare Mvp. Ma Politano si è ripreso la Nazionale, e adesso che si è fermato è una scelta in meno ma solo per Marassi (forse); Raspadori l’ha conquistata da titolare ed ha comunque suggerito a Garcia che il suo ruolo è quello; e Simeone sa cosa chiedere alla vita e Lindstrom è un moltiplicatore di fantasia: c'è chi sta assai peggio...

Napoli, porta chiusa

Visto che il campionato l’ha stra vinto, il Napoli s’è regalato qualsiasi primato, anche quello della difesa meno battuta: eppure, all’inizio della cavalcata, qualcosa si inceppò, per esempio a Verona e con il Lecce. Ma quelle incertezze divennero dettagli. Garcia tenta di ripetere quel percorso, anche se non ha Kim: Natan è a lezione di (calcio) italiano, gli è servito più tempo rispetto al coreano, e Juan Jesus si è dovuto assumere l’onere delle controprove, che in realtà riguardano l’intera fase difensiva, incluse le coperture. Però, adesso, sette partite: questo è il momento delle (prime) verità. 


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