Sono passati solo due giorni dal derby, è normale che i tifosi della Roma pensino ancora alla partita. In mente rimane la magia di Soulé, con l’effetto-thriller di quella traversa che trema e risputa la palla fuori, non prima però di averla fatta inghiottire dalla porta. Rimane in mente l’ostinazione di Svilar nel respingere qualsiasi cosa avesse l’indecenza di provare a superarlo. Rimane però anche la consapevolezza di un Artem Dovbyk ancora non in grado di incidere nelle partite che contano. Sì, è vero che contano tutte, ma alcune di più. La sfida con la Lazio non può che essere una di queste. E allora basta fare un giro sui social per capire quanto sia ancora argomento del giorno tra i romanisti la sua prestazione e soprattutto quanto l’attaccante arrivato la scorsa estate sia divisivo, nonostante recentemente sia stato anche nominato miglior giocatore del mese. C’è chi è nettamente scontento e chi altrettanto nettamente lo difende: difficile trovare sostenitori giallorossi fuori da questo bipartitismo. E allora vediamo le motivazioni dei due schieramenti.
Contrari
L’imputato numero uno è l’atteggiamento. La sensazione è che con quella stazza e quel fisico dovrebbe essere in grado di contendere più palloni, di spostare i marcatori e imporre la sua potenza, che qualche volta sembra incontenibile. Nell’arco di una gara, se non segna dà l’impressione di non contribuire allo sforzo della squadra. Non aggiunge nulla. Se uno ha una media-gol altissima, non è un problema. Se segni 16 gol in 41 partite, allora comincia a esserlo. Queste valutazioni citano come conferma alla teoria anche una dichiarazione di Ranieri: “Deve reagire: se non fa una buona prestazione e non fa gol, allora comincio a pensare male”. Molti tifosi sottolineano che Shomurodov, quando gioca da attaccante centrale, almeno pressa e impegna i difensori, aiutando la squadra a salire. Inoltre anche per quanto riguarda il numero di gol, in serie A è a quota 11, come Orsolini e uno in più di Krstovic, Reijnders e Lucca: alla Roma serve qualcosa in più.