«Sarà bellissimo, sia per Andrea che per me, affrontare Jannik sul campo centrale di Miami». Davide Vavassori, padre e allenatore di “Wave”, non nasconde l’emozione in vista del derby azzurro di secondo turno. «Sinner è il prototipo del tennista moderno che sfrutta l’aggressività da fondo campo. Se giochi come lui, non hai scampo. Alcaraz, per esempio, riesce a dargli fastidio perché sa variare: alza le traiettorie, cambia velocità, si butta a rete con il “serve and volley”. L’unica maniera di infastidire Jannik è mischiargli le carte, evitando ovviamente il braccio di ferro da fondo». Nessuno (o quasi) credeva in Andrea Vavassori, tranne papà “Dave” e pochi altri. La crescita del piemontese, numero 25 al mondo in doppio e 148 in singolare, è stata graduale. Lavoro e sacrificio, conditi da un ottimo talento. «La finale in coppia con Bolelli agli Australian Open ha dato ad Andrea una grandissima fiducia. È cambiato anche il modo in cui viene visto nello spogliatoio, così come la maniera in cui i colleghi lo salutano. Tutto ciò gli ha dato grande consapevolezza». Vavassori ha un piccolo vantaggio: aver già giocato tre match nel Masters 1000 di Miami, due di qualificazioni e uno nel tabellone principale.