Il cielo è azzurro sopra Berlino: l’Italia è Mondiale

La Nazionale vince in Germania nel 2006 il quarto titolo battendo la Francia ai rigori. Poi soltanto amarezze
Guido D'Ubaldo
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Il cielo è azzurro sopra Berlino! Siamo Campioni del Mondo. La frase del telecronista della Rai Marco Civoli coronò la notte magica del 9 luglio 2006, facendo emozionare milioni di italiani incollati alla televisione e i giornalisti inviati in tribuna stampa. Eravamo lì, con i pezzi da scrivere, con un pullman pronto a ripartire e con il cuore in tumulto. Fabio Grosso aveva appena calciato l’ultimo rigore, una corsa sfrenata con le lacrime agli occhi, con i compagni che lo inseguivano per abbracciarlo. Un’intera generazione di tifosi è cresciuta con il brivido provocato da una gioia che la nostra Nazionale non ha più provato e da allora sono state tante le delusioni raccolte dagli gli azzurri, comprese le mancate qualifi cazioni alle ultime due edizioni del Mondiale. Non era mai successo nella nostra lunga e gloriosa storia calcistica.

Un'impresa irripetibile

Il campionato del Mondo del 2006 resta un’impresa irripetibile, considerate le condizioni davvero di? cili nelle quali l’Italia aveva preparato quel torneo, nel pieno scandalo di Calciopoli, con una Federazione commissariata e un gruppo che Marcello Lippi rese ancora più forte, temprato dai rifl essi di uno scandalo che lasciò il segno nel mondo del calcio italiano. Quel titolo mondiale, il quarto, fu inaspettato, perché l’Italia non era tra le favorite e aveva uno dei più importanti giocatori della rosa, Francesco Totti, recuperato a tempo di record dopo una grave frattura alla gamba. Lippi costruì una squadra con una grandissima solidità difensiva, potendo contare su due grandi campioni, Gigi Bu?on e Fabio Cannavaro, che colmarono una grave lacuna: Alessandro Nesta si infortunò dopo pochi minuti nella partita contro la Repubblica Ceca. Al suo posto fu promosso Marco Materazzi, che alla fine risultò decisivo. Alla termine di quell’anno Cannavaro vinse il Pallone d’Oro e Bu? on arrivò secondo. Il portiere oggi dirigente azzurro sembrava insuperabile. In tutto il torneo subì solo due gol. Il primo fu un’autorete di Zaccardo nella partita pareggiata per 1-1 contro gli Stati Uniti nella prima fase e il secondo il rigore, in finale, di Zidane. Bu?on non subì quindi nessun gol su azione in quel Mondiale. Lippi schierò l’Italia con la difesa a quattro, con quattro centrocampisti e solitamente Francesco Totti a supporto di un centravanti. In quel ruolo si alternarono Luca Toni e Alberto Gilardino, ma trovò spazio e gloria anche Filippo Inzaghi, che realizzò un gol pesantissimo nella partita contro la Repubblica Ceca. In quella Nazionale c’era anche Iaquinta, che all’occorrenza poteva essere schierato anche da prima punta e che andò a segno contro il Ghana. Mai più l’Italia ha avuto così tanti attaccanti di valore. Anche se non ci fu un vero e proprio goleador. Luca Toni segnò due reti all’Ucraina nei quarti di finale, mentre Gilardino (Stati Uniti), Iaquinta (Ghana), Del Piero (Germania), Inzaghi (Repubblica Ceca) e Totti (su rigore negli ottavi contro l’Australia) si fermarono a un gol ciascuno. Al pari di Luca Toni il miglior realizzatore azzurro in quel Mondiale risultò Materazzi, a segno contro la Repubblica Ceca nella fase a gruppi e in fi nale contro la Francia, dove fu determinante anche per aver provocato l’espulsione di Zidane.

Il capolavoro di Lippi

L’Italia si chiuse nel bunker di Duisburg e riuscì a tenere fuori dai cancelli dell’austero centro sportivo i vele- ni che arrivavano dall’Italia. Perso Nesta, con Totti che completava il recupero post operatorio giocando, Lippi fu costretto a rinunciare anche al giovanissimo Daniele De Rossi, squalifi cato per quattro turni in seguito alla gomitata a McBride nella partita contro gli Stati Uniti. De Rossi tornò nella finale contro la Francia e realizzò uno dei rigori decisivi. Il centrocampo era un mix di giocatori di talento e di “faticatori”, con Pirlo in cabina di regia, supportato da Gattuso, De Rossi e Perrotta e con Camoranesi che rappresentava il jolly di quella Nazionale e garantiva grande equilibrio tattico. La strategia adottata da Lippi si rivelò vincente: una squadra molto coperta dietro, pronta a ripartire quando possibile. Non certo il catenaccio per i quali gli italiani sono famosi in tutto il mondo. L’Italia non si difendeva a oltranza, ma sulla capacità di essere quasi insuperabili dietro si costruì il successo mondiale. Marcello Lippi fece un capolavoro. Ancora oggi è ricordato insieme a Vittorio Pozzo, vincitore con gli Azzurri ai Mondiali 1934 e 1938, e a Enzo Bearzot, che ha trionfato con l’Italia al Mondiale 1982. Al termine del Mondiale tedesco Lippi decise di mollare, la Nazionale passò nelle mani di Donadoni, ma Lippi fu richiamato a furor di popolo per i Mondiali 2010. Ma fu un flop, con l’Italia eliminata al primo turno. Mai tornare sui propri passi dopo aver trionfato.


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