Italia-Germania 4-3 resta la partita del secolo

La semifinale dei Mondiali 1970 è ancora ricordata con una lapide allo stadio Azteca di Città del Messico: mai una sfida così
Franco Recanatesi
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"Italia e Germania protagoniste en el Mundial del 1970 del partido del siglo” scritto sulla lapide all’esterno dello stadio Azteca. La partita del secolo (“Jahrhundertspiel”), celebrata persino dal Paese sconfitto, è stata Italia-Germania, giocata mercoledì 17 giugno 1970 a Città del Messico, semifinale del campionato del mondo, vinta dagli azzurri per 4-3 dopo i tempi supplementari e un succedersi entusiasmante di gol: Boninsegna all’8’, pareggio di Schnellinger nel recupero (92’30”), vantaggio tedesco con Müller al 4’ del primo tempo supplementare, pareggio di Burgnich quattro minuti dopo, Italia avanti con Gigi Riva al 104’, riacciu? ata da Müller al 110’, un minuto dopo Rivera mette il sigillo.

Che notte

La Nazionale italiana guidata da Ferruccio Valcareggi conquistò una finale mondiale dopo 122 minuti rocamboleschi e 32 anni dall’ultima volta. Esausto anche Nando Martellini, il telecronista, che con un filo di voce sospirò “che meravigliosa partita”. In Italia era quasi l’una di notte, ma chi se ne frega: la gente scese in strada, salì in macchina col dito sul clacson sventolando le bandiere dal finestrino. Il tricolore apparve anche sui balconi e sulle fi nestre. Notte di delirio, notte bianca. In più di 7 milioni (7,7) rapiti davanti al teleschermo dal più grande spettacolo calcistico del secolo, meglio del “Rischiatutto” di Mike Bongiorno, immagino che altrettanti ascoltarono alla radio la cronaca di Enrico Ameri. Per Martellini era il debutto in un torneo così importante. Aveva appena sostituito Nicolò Carosio, epurato dalla Rai più che per limiti di età – aveva 63 anni – per una protesta dell’ambasciata etiope riguardo a un malinteso epiteto o? ensivo del telecronista verso il guardalinee di Asmara, Sejum Tarakegn, durante la partita Italia-Israele. Nando mi confessò di avere avuto paura di perdere la voce per l’emozione, e in e?etti dopo il gol decisivo di Rivera qualcuno smaneggiò il televisore, perché la sua voce s’increspò. Anche io, come milioni di altre persone, provai sussulti di piacere e dispiacere per 122 minuti come mai mi era capitato seguendo una partita di calcio. Ero giovane ma già con un contratto da professionista al “Corriere dello Sport”. Quella sera non ero di turno e quasi me ne vergognai. Avrei voluto partecipare alla confezione del giornale con “el partido del siglo”, assieme al direttore Antonio Ghirelli e agli altri colleghi. Mi mischiai ai caroselli notturni fi no all’alba.

Impresa nella storia

In pochi avevano inserito l’Italia nei pronostici del Mondiale messicano. L’edizione precedente, quattro anni prima, era rimasta nella storia – una parentesi tristissima – della nostra Nazionale affi data per l’occasione a Edmondo Fabbri, eliminata dal gol del dentista Pak Doo Ik, eroe della modestissima Corea del Nord. La ricostruzione fu a?data a Ferruccio Valcareggi che già due anni dopo raccolse i frutti del buon lavoro vincendo il campionato europeo. L’innesto di giocatori come Riva, Domenghini, De Sisti, Boninsegna elevò la qualità della squadra, ma non al punto da presentarsi in Messico tra le favorite. Perse la finale contro l’imbattibile Brasile di Pelé ma senza versare lacrime. La sorpresa del 4-3 alla Germania fu dunque grande, anche se dal punto di vista puramente tecnico qualcuno arricciò il naso. Fra questi il più critico fu Gianni Brera, pontefi ce massimo del giornalismo sportivo, il quale scrisse: “Il calcio giocato è stato quasi tutto confuso e scadente sotto l’aspetto tecnico-tattico”. Ma per i nottambuli italiani c’era poco da sottilizzare, gli azzurri avevano fatto battere anche i cuori più riottosi, vivere emozioni dimenticate, scatenare gioie fanciullesche. Non erano tempi facili, l’Ita- lia come il resto del mondo lottava contro una profonda crisi energetica e quelle due ore di adrenalina, l’esultanza di Rivera da poco entrato al posto di Mazzola nella contestatissima sta? etta, Beckenbauer rimasto in campo con un braccio al collo, una irripetibile epica calcistica avevano regalato una carezza all’animo di milioni di italiani. Il giorno dopo, occhi cisposi e una sola domanda: tu l’hai vista? Con gran dispetto di coloro che avevano preferito il sonno. Lo stesso rimpianto di chi aveva perduto, in una afosa notte di luglio 1969, l’atterraggio sulla luna dell’Apollo 11 e le immagini di Neil Armstrong che mette il piede sulla crosta del nostro satellite. La storia è fatta di eventi straordinari e un posto spetta quindi di diritto anche al “partido del siglo”.


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