Piola, la favola di un predestinato

Debuttò in Nazionale sette mesi dopo il passaggio alla Lazio e realizzò subito una doppietta a Vienna contro l’Austria
Stefano Chioffi
4 min

Arrivava al campo della Rondinella, sulle colline dei Parioli, con il suo cane Frem, pelo bianco e macchie marroni. Silvio Piola si presentava qualche volta agli allenamenti della Lazio in compagnia di uno splendido pointer, dopo le solite battute di caccia all’alba, una delle sue grandi passioni insieme con la pesca nei fiumi e nei laghi. A Roma aveva preso in affi tto un appartamento nel quartiere Flaminio, in via del Vignola, e poi si era spostato a Monte Sacro, vicino a piazza Sempione. La Lazio aveva acquistato il centravanti delle rovesciate impossibili, il campione con la brillantina, grazie all’aiuto del generale Giorgio Vaccaro, che si era dedicato alla trattativa con la Pro Vercelli nell’estate del 1934: 250.000 lire per il cartellino e la firma sul contratto a notte fonda, prima che si presentassero i dirigenti dell’Ambrosiana Inter. I genitori di Piola, 290 gol in campionato e 30 in Nazionale, si chiamavano Emilia e Giuseppe, lavoravano nel commercio, vendevano tessuti a Robbio, in Lomellina.

Come nasce un campione

Era stato un sacerdote, don Sassi, responsabile della scuola elementare Galileo Ferraris e dell’istituto tecnico Cavour, a scoprirlo quando aveva otto anni e giocava nel ruolo di mezzala in una piccola squadra di provincia, la Veloces. Piola aveva un fratello maggiore, Serafino, e uno zio calciatore, Giuseppe Capanna, portiere della Pro Vercelli. Aveva raggiunto Roma con un treno a vapore, accolto da un gruppo di fotografi. La Lazio era allenata da Walter Alt, un signore cecoslovacco - sempre in giacca e cravatta - che si era fatto apprezzare sulla panchina della Spal. Il presidente era l’ingegnere Eugenio Gualdi, un imprenditore che aveva dominato il mercato prendendo anche Ferraris IV, il centrocampista Gipo Viani e l’attaccante italo-brasiliano Guarisi, ex Portuguesa e Corinthians, che tutti chiamavano Filó.

Piola in Nazionale

Piola aveva ricevuto la prima convocazione in Nazionale sette mesi dopo il trasferimento alla Lazio. Esordio da favola: doppietta al Prater di Vienna contro l’Austria (2-0), era il 24 marzo del 1935. Il ct Pozzo lo aveva scelto come erede di Angelo Schiavio, protagonista nel Mondiale del 1934, vinto in fi nale con la Cecoslovacchia. “He is the striker of great surprises”, era l’attaccante dei colpi di scena, così lo aveva descritto il prestigioso Times. L’avventura per Francia 1938 era cominciata con una visita a Benito Mussolini, nella sala del mappamondo di Palazzo Venezia, a Roma, prima della partenza in treno per Parigi. Sedici squadre, formula a eliminazione diretta. L’Italia aveva svolto il ritiro a Stresa, nell’albergo Alpino Fiorente, dove Pozzo aveva creato le basi anche per il trionfo del 1934. Ventidue convocati, compreso Piola: Foni e Rava della Juventus, Biavati, Ceresoli e Andreolo del Bologna, Olmi, Locatelli, Ferrari, Ferraris II e Meazza dell’Ambrosiana, Colaussi, Pasinati e Chizzo della Triestina, Masetti, Donati, Serantoni e Monzeglio della Roma, Genta e Perazzolo del Genoa, Olivieri della Lucchese e Bertoni del Pisa.

Il trionfo Mondiale

Dieci ore di viaggio fino a Marsiglia, dove il 5 giugno è previsto il debutto con la Norvegia: 2-1, segna Ferraris II, risponde Brustad, decide Piola nei supplementari. Nei quarti l’Italia regala spettacolo contro la Francia: gol di Colaussi, pari di Heisserer, nella ripresa Piola colpisce due volte (3-1). Emozioni e divertimento anche con il Brasile (2-1): sblocca ancora Colaussi, Meazza inventa un rigore al bacio, inutile la rete di Romeu, attaccante del Fluminense. Finale allo stadio Yves du Manoir, a Colombes, alle ore 17 del 19 giugno, davanti al presidente francese Albert Lebrun. L’Italia affonda l’Ungheria di György Sárosi: 4-2, doppiette di Colaussi e Piola, che più avanti avrebbe trovato anche l’amore, dal matrimonio con Alda ai figli Dario (avvocato) e Paola (psicologa).


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