Parisse, l’omaggio dell’Olimpico fa piangere tutti: in campo con i figli prima di Italia - Francia

Standing ovation per il più forte giocatore di sempre del rugby italiano: il racconto di un pomeriggio da brividi
Parisse, l’omaggio dell’Olimpico fa piangere tutti: in campo con i figli prima di Italia - Francia
Chiara Zucchelli
3 min

Finalmente Sergio Parisse. Dovevano allinearsi un po’ di cose (la fine della pandemia, una partita con la Francia all’Olimpico di domenica, un nuovo presidente federale) ma finalmente il più forte giocatore di sempre del rugby italiano ha avuto l’omaggio che meritava. Parisse ha scritto la storia del rugby azzurro ed è tra i numeri 8 più importanti di sempre, almeno dell’era moderna, ed era surreale che non avesse ancora ricevuto tutti gli onori che una carriera come la sua si portava dietro. Ci ha pensato il nuovo presidente federale Andrea Duodo a rimettere le cose a posto e oggi l’Olimpico gremito da oltre 60mila spettatori si è alzato tutto in piedi per il suo capitano. Di sempre e per sempre.

Parisse in campo con i figli, cosa è successo prima di Italia - Francia

Parisse ha aspettato a bordocampo che finisse il momento degli inni nazionali, poi è entrato in campo per ricevere gli applausi e dare un simbolico calcio d’inizio alla sfida tra le sue due squadre: l’Italia e la Francia, il Paese dove vive da più di 20 anni. Con lui la moglie Silvia e, in mezzo al campo, con la maglia numero 8, Leonardo e Emily, i figli (in Francia c’è anche Ava, la primogenita di Sergio), emozionati mano nella mano con il papà. Un’immagine dolcissima, che ha commosso tutti, arrivata forse un po’ di ritardo ma Parisse, da signore qual è, non si è mai lasciato sfuggire una parola. Ha aspettato e oggi si è goduto l’affetto conquistato in anni in cui sul campo ha dato davvero tutto. Ha preso l’Italia da ragazzino, l’ha lasciata da uomo fatto e finito: l’italo - argentino de L’Aquila, l’unico italiano che gli All Blacks avrebbero voluto con loro, aveva il sogno del sesto Mondiale e ha continuato a giocare (bene) fino a quarant’anni proprio per questo. Non ci è riuscito e ora è nello staff del Tolone. Dicono che presto sarà capo allenatore, dove e come non si sa. Ma si sa che l’Italia doveva (dovrebbe) riportarlo a casa. Oggi il primo passo, un’esplosione d’amore meravigliosa. Vent’anni in minuto, giusto un attimo per fermare il tempo. 


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